La sfida di Zacchetti & Co: «Non solo pub e osterie Qui c’è la nostra storia»
Eravamo tre amici al bar. O meglio eravamo tre amici che hanno deciso di aprire un (cocktail) bar con cucina, nel cuore di Rovato: un concept – come si dice adesso – dove la mixology e la ristorazione viaggiano di pari passo, attirando soprattutto i più giovani. In effetti, l’idea di Al Malò che occupa due piani all’interno del Palazzo Vantiniano porta una sana ventata di nuovo al territorio. I tre amici sono Alberto Bergomi, 32enne rovatese imprenditore edile e della ristorazione, Lodovico Calabria – 35enne bassaiolo di Chiari – che ha sempre avuto l’arte del cocktail come stella polare e Mauro Zacchetti. Con tutto il rispetto per i soci, il «nome» del trio è quella di Zacchetti – altro bassaiolo, però di Longhena - uscito dal «Mantegna». A soli 33 anni ha messo insieme una carriera notevole tra l’Italia, New York e Hong Kong dove ha guidato il ristorante di Leveillé per due anni e mezzo, dopo essere stato il suo fidato sous chef al Miramonti l’Altro. Se aggiungiamo che tra i suoi maestri figurano Marchesi, Berton e Niederkofler, la brigata di Al Malò può contare su uno dei cuochi bresciani più bravi del momento. Con idee ben chiare. «Mi piace l’idea di raccontare tutte le mie esperienze, senza pensare a quella rivisitazione in chiave moderna che considero un termine abusato, senza un preciso significato – spiega Zacchetti – i piatti del territorio non li sento miei e facilmente c’è qualcuno più esperto di me a prepararli». Da qui una carta che divide i primi piatti dal resto, con tre degustazione e tante proposte originali come il Tonno bianco marinato, lime, cipolla rossa e popcorn o gli Gnocchi di patate, limone, pane al rosmarino e aringa affumicata. Come vuole la tendenza, si può giocare sull’abbinamento tra piatti e cocktail. «Nel pairing, l’importante è che si segua una logica, ci siamo impegnati tanto sul tema ascoltando anche i clienti – prosegue Zacchetti – il nostro obiettivo è che qui la gente si trovi bene, in un locale moderno e allegro. Mostrando che non bisogna per forza spostarsi a Milano, per l’idea che in provincia esistano solo le osterie tradizionali o i pub». Al Malò perché? «Durante i lavori per creare il locale, tra di noi ci si chiamava con le iniziali dei rispettivi nomi: Al, Ma e Lo – racconta Calabria – al momento di cercare un’ idea per l’insegna suonava così bene metterle in fila che lo abbiamo scelto». Eh, l’amicizia. (m.b.)