Al Grande il XXIII congresso nazionale
Non solo ville e castelli, palazzi rinascimentali e giardini settecenteschi, collezioni d’arte ed ex abbazie. Nel patrimonio (e nei progetti) del Fai stanno per entrare un ex rifugio alpino, un alpeggio e alcune baite di montagna. Sono i segnali della svolta partita da Brescia, dove ieri s’è celebrato il XXIII convegno nazionale dei delegati e volontari Fai. La svolta si chiama «Progetto Alpe. L’Italia sopra i 1.000 metri» ed è frutto di una vera conversione culturale. Il Fai ci arriva sulla base di numeri eloquenti: 190mila iscritti (raddoppiati in sei anni), 2,2 milioni di voti ai «Luoghi del cuore» (+44% in due anni), una struttura capillare fatta di 322 presìdi, 124 delegazioni, 88 gruppi e 91 gruppi giovani.
Il «Progetto Alpe» non è solo teoria: la Fondazione creata da Giulia Maria Crespi è impegnata a investire qui 200mila euro all’anno per dieci anni (per un totale di 2 milioni di euro) dal 2020 al 2030.
Aperti dai messaggi del presidente Mattarella e dei ministri Centinaio, Stefani e Lezzi, coordinati dal vicepresidente esecutivo Marco Magnifico, i lavori del Grande hanno squadrato e sminuzzato il tema della montagna alpina e appenninica: un tema che oggi si colloca fuori dalla retorica alpinistica e dall’idea dell’idillio ottocentesco, dentro la ricerca di un nuovo paradigma, di un nuovo rapporto «cantro-periferia» nell’epoca post fordista e della iper-modernità, per usare le parole del sociologo Aldo Bonomi.
In apertura il sindaco di Brescia Emilio Del Bono ha ricordato le radici alpine della