Corriere della Sera (Brescia)

Girl power nelle nazionali di punta E c’è tanta Brescia

Quattro discipline di punta vedono le nazionali azzurre declinate solo al femminile Tante atlete nostrane in prima linea per il sorpasso

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Non è moda, sia chiaro da subito. A decretare il sorpasso, storico in alcune discipline declinate prettament­e al maschile nel corso del Novecento, sono i numeri. Impietosi, specie per calcio e rugby, «machisti» per eccellenza. In Italia, la nazionale maschile dello sport più amato dagli italiani non si è qualificat­a ai Mondiali dello scorso giugno, vinti dalla Francia.

Qui, tra due mesi e mezzo, le ragazze allenate da Milena Bertolini torneranno invece a disputare una Coppa del Mondo dopo vent’anni d’assenza. E la formazione delle azzurre sembra la filastrocc­a del Brescia che la donna del miracolo aveva portato a vincere due scudetti e altri cinque trofei. Nella palla ovale c’è poi da arrossire: gli azzurri del rugby nel Sei Nazioni non vincono una gara dal 2015, stanno colleziona­ndo cucchiai di legno perdendo il rispetto guadagnato durante la lunga rincorsa partita negli anni Novanta. Le donne, invece, nella manifestaz­ione omologa, hanno centrato sabato scorso un secondo posto storico nonostante lo status dilettanti­stico delle eroine: Francesca Sberna, bresciana, lavora in un maneggio e sa cosa significhi essersi sudata il successo. Nella pallavolo e nella ginnastica, prototipi perfetti delle discipline femminili, le donne hanno sempre saputo distinguer­si. Ma, se c’è un’Italia della Danesi e della Ferrari, non più di Zorzi e Chechi, è perché anche qui le gerarchie sono state soverchiat­e. In modo non meno eclatante. Sempre con benzina bresciana nel serbatoio.

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Al verticeLe 4 nazionali femminili in causa hanno protagonis­te bresciane (da sinistra a destra): Girelli e Cernoia nel calcio, Danesi nel volley, Ferrari e la Brixia nella ginnastica, Sberna nel rugby

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