Strangolata dal marito: troppo libera
La procura ha chiuso l’inchiesta. La donna è stata fatta sparire da casa, forse è stata strangolata
Di lei non si ha più alcuna traccia dalla tarda sera del 3 giugno scorso, quando rientra nel suo appartamento in via Milano. Lo stesso da cui, secondo gli inquirenti, Souad Alloumi, marocchina di 29 anni, sarebbe uscita ore dopo senza vita, chiusa in un grosso borsone trascinato fuori dall’ex marito Abdelmjid El Biti, operaio di 51 anni, immortalato dalla telecamera installata proprio in cortile sul retro di un bar. I bimbi da soli, in casa. In carcere per omicidio (ha sempre negato ogni accusa) il pm ha chiuso l’inchiesta a carico di El Biti: risponde dell’omicidio volontario e premeditato di Souad, soppressione di cadavere, stalking. In sintesi, l’avrebbe uccisa perché «non voleva accettare il suo stile di vita indipendente». Sarebbe morta «per strangolamento o soffocamento».
Gli ultimi accertamenti — l’esame del Dna su un campione biologico — pare non abbiano spostato l’asse delle convinzioni dell’accusa. Tanto che a oltre nove mesi dai fatti, il sostituto procuratore Maria Cristina Bonomo ha ufficialmente chiuso l’inchiesta a carico di Abdelmjid El Biti, operaio di 51 anni di origini marocchine, per l’omicidio volontario della ex moglie Souad Alloumi, connazionale di soli 29 anni, sparita dalla casa di via Milano in città dove viveva con la figlia di 9 anni e il fratellino di 3, la notte tra il 3 e il 4 giugno scorso. La procura gli contesta l’aggravante della premeditazione, la soppressione del cadavere «per occultare il delitto» ma anche lo stalking nei confronti di Souad «per motivi abietti e futili» come la gelosia, scrive il pm: in sintesi, «per non voler accettare il suo stile di vita indipendente». Sarebbe morta «per strangolamento o soffocamento» come evidenzia anche l’assenza di tracce di sangue in casa, presumibilmente dopo l’ennesima discussione violenta (come ricordarono anche i suoi bambini, sentiti dagli inquirenti). Di lei più nessuna traccia. Ma una «gravità indiziaria» a carico dell’ex «ben oltre la soglia richiesta» — scrisse in luglio anche il tribunale del Riesame che confermò la custodia cautelare in carcere — a partire dai filmati «nitidissimi», che costituiscono «il dato di maggior rilevanza che pesa come un macigno sull’indagato» . Si tratta delle immagini cristallizzate dalla telecamera di un bar installata sul retro e «puntata» proprio sul cortile interno alla palazzina di Souad. La immortalano rientrare a casa alle 23.32. Alle 23.57 ecco i bambini, con il padre. Abdelmjid El Biti esce nel cortile, da solo e inquieto, alle 3.59, poi imbocca l’androne asciugandosi la fronte con la T-shirt. E ancora avanti e indietro dalle 4 alle 4.11, quando rientra con un borsone in mano. Se ne andrà alle 4.45, «trascinando a fatica un borsone molto pesante»: per i giudici «ben può sostenersi si tratti di un corpo umano rannicchiato». E caricato nella vecchia Mercedes di El Biti, parcheggiata sul marciapiede con il baule aperto. L’avrebbe uccisa in casa, nonostante la presenza dei bambini. E «in tempi strettissimi» ne ha eliminato il corpo, «curando di non lasciare tracce». «Crudele e spietato», «ossessionato dalla gelosia per l’eventualità che Souad potesse avere altri uomini, tanto da sottoporla a un controllo asfissiante» e continue minacce, come confermato dalle amiche di lei. La richiesta di rinvio a giudizio è vicina.