Bus del terrore Il prof bresciano: non sono un eroe
L’insegnante di Palazzolo è ritornato ad allenare il Basket Crema, lunedì riprenderà le lezioni
Alessandro Cadei, il professore bresciano che era sul pullman del terrore con i suoi alunni e li ha aiutati a fuggire, prima che il bus prendesse fuoco, l’altra sera era già ad allenare la sua squadra di basket. L’importante è che i ragazzi stiano bene: «Ho fatto quello che andava fatto, non sono un eroe» si limita a dire.
La migliore medicina per uno sportivo è sempre la palestra. Qui Alessandro Cadei, 64 anni, ma la tempra di un ventenne, amato anche per questo dai propri ragazzi, ha cercato di voltare pagina e dimenticare quanto è successo mercoledì pomeriggio: il professore nativo di Palazzolo sull’Oglio (bresciano doc, ha studiato all’Itis-Castelli prima di laurearsi all’Isef di Milano e trasferirsi in provincia di Cremona), insegnante di educazione fisica alla scuola media «Vailati» di Crema, era con altre due colleghe e i suoi 51 allievi sul pullman del terrore che l’autista Ousseynou Sy ha cercato di dirottare a Linate dove avrebbe poi voluto dar fuoco a tutti i passeggeri.
Già mercoledì sera, dopo essere stato sentito dalle forze dell’ordine, Cadei ha presenziato all’allenamento del Basket Crema maschile, di cui è preparatore atletico: colonna della società, un’istituzione, molto più di un allenatore dei muscoli, è entrato nel cuore di tanti atleti che in queste ore hanno cercato di mettersi in contatto con lui al telefono o sui social network. Su Facebook ha inciso la frase più significativa: «I miei ragazzi sono stati fantastici, la cosa importante è questa e che stiano tutti bene», ha scritto «Il Prof». Interpellato telefonicamente, ha subito precisato di non voler rilasciare interviste. Perché essere definito eroe proprio non gli va, Cadei non ama le luci della ribalta e specifica: «Ho fatto solo il mio dovere di insegnante e di uomo».
Punto. Ora però cercherà di andare a capo, insieme a tutti i suoi ragazzi. Per lui potrebbe essere più facile, ma quell’ora di ordinaria follia gli ha cambiato la vita, pur non facendogli perdere lo spirito e il sorriso dei giorni migliori, tornato a splendere dopo una lunga notte insonne, piena di pensieri, in un infinito flashback che lo riportava sempre a quei momenti nei quali ha giocato un ruolo decisivo: con una forbice rimastagli in tasca, l’insegnante — il racconto è dei ragazzi — ha tagliato le fascette che legavano i suoi allievi mentre Sy aveva iniziato la sua corsa verso Milano.
Senza di lui, quel salto collettivo verso la strada dopo l’arrivo provvidenziale dei carabinieri non sarebbe stato possibile. Il professore è stato invece tra gli ultimi a mettersi in salvo, nella frenesia del momento ha lasciato il suo zaino sul bus poi andato in fumo. «Avevo dentro tutta la mia vita», ha confidato agli amici: Cadei dovrà rifare tutti i documenti e solo lunedì tornerà al «Vailati» per riprendere la sua professione. Domenica, nella delicata sfida contro Olginate (il suo Crema sta lottando per restare in Serie B nel girone in cui Orzinuovi sogna il ritorno in A2), il PalaCremonesi gli tributerà invece il più caloroso degli applausi. La sua società, Cadei ci tiene a ricordarlo, devolve 10 euro per ogni canestro ad un’associazione contro la violenza sulle donne. Una sfida a lungo termine. Mentre la battaglia più difficile della sua vita, nonostante il suo passato da calciatore nel Palazzolo, di cui è stato difensore centrale, è durata meno di un’ora e l’ha vinta mercoledì. Insieme alla sua classe. La sua squadra. «Vi prego, non chiamatemi eroe: non c’è niente da mitizzare».