Selvatico, profumato e biologico Un Ninfale che induce al «peccato»
Il vino: fine, elegante, pulito. Lo si avverte dal naso, note agrumate, fresche, non certo monocordi, preannunciando sensazioni gustative di eguale piacevolezza, che sollecitano l’immaginazione, perché se un tratto colpisce in questo Franciacorta dosaggio zero — 31 i mesi sui lieviti in questa prima sboccatura — è il futuro che lo aspetta. In altri termini la prospettiva, come avrebbe detto Anton Ego di Ratatouille, costruita sulla persistenza lunga, sulla longevità presumibile, sulla piacevolezza di un sorso che invita alla replica. Un poco di suspense nel descrivere il Ninfale 2015 della Scapigliata, minuscola azienda franciacortina al suo esordio con un metodo classico proposto in sole 923 bottiglie. Loro sono Claudio Sabotti e Mauro Lorenzi amici ritrovati, per restare nelle citazioni, dopo un comune passato di «pastoriani». A unirli anche una visione del produrre «secondo natura». Fatta di rispetto, tutela, ascolto: dal dialogo esce il nome di Masanobu Fukuoka, botanico e filosofo giapponese ideatore dell’agricoltura «del non fare». Poca meccanizzazione, vigneto inerbito, niente sovesci o cimature, trattamenti bio… Il minimo sovvertimento di quell’insieme che oltralpe viene definito «terroir». Frutto di questa visione, prima del Ninfale, la Fantesca, Curtefranca che nelle due annate prodotte — 2015 e 2016 — spazia dal floreale al fruttato allo speziato, e una piccola produzione di mieli che esprimono il ruolo delle api nel loro microcosmo ideale: robinia pseudoacacia, millefiori, tarassaco e castagno. Non resta che attendere la nuova sboccatura.