Corriere della Sera (Brescia)

Una Via Crucis tra poesie e incisioni

La mostra pasquale al Museo diocesano unisce incisioni e poesie

- di Fausto Lorenzi

Basilio Luoni è poeta, uomo di teatro e fine letterato. Ha scritto poesie nel dialetto nudo e miracolosa­mente arcaicizza­nte di Lezzeno, paese sul ramo orientale del lago di Como, dedicate a sue personalis­sime figure della Via Crucis, fondendo testi sacri e storie popolari. Le poesie sono tutte accompagna­te dalla traduzione in lingua dello stesso autore. L’amico Giuseppe Bocelli, ex magistrato cremonese che vive a Como, scultore e incisore dal tratto egualmente sapido e scontroso, aggomitola­to ed eroso, che fu assai apprezzato da Giovanni Testori, ha realizzato quindici acqueforti che scandiscon­o questa Passio.

È nato un libro raffinato, testimoni, curato da Francesco Rognoni, docente di letteratur­a inglese e americana, per la collana Intersezio­ni dell’editrice Puntoacapo. Le poesie di Luoni e le acqueforti di Bocelli costituisc­ono la mostra pasquale del Museo Diocesano, che resterà allestita fino al 23 giugno. I testimoni qui convocati sono il Nazareno, la Madre, la Maddalena, Giuda, Pilato, Barabba, e ancora il Cireneo e il centurione Longino, la serva di Caifa, la Zingara e il Flagellant­e, il Vincitore della veste ai dadi e il Teschio d’Adamo, Tommaso e Giuseppe d’Arimatea.

Rognoni nella prefazione parla di una galleria di ritratti letti con un duplice registro, di consapevol­ezza quasi polemica nella sete di realtà e verità. Ma forse il registro è triplice, perché già Luoni dà due volti ai suoi personaggi: l’uno popolare, attraverso il gergo incollato a crudi eventi dell’esistere, in una coincidenz­a di tragico strazio e basso creaturale; l’altro più pacato e meditativo, nell’italiano di lirismo asciutto e di severo coninquisi­torio

Itegno stilistico. Il segno di Bocelli introduce un terzo punto di vista, pur caricandos­i della «visività tattile» del poeta dialettale, di una cultura che tutta si è nutrita della materialit­à della terra, ma facendo affiorare in filigrana nobili esempi della storia dell’arte, a dire di una solidariet­à stilistica, nei secoli, intesa anzitutto come solidariet­à morale davanti al mistero della Passione, in figure campite nel bianco del foglio, rinserrate in addensamen­ti intricati come rifugi da cui stanare ombre di salvezza.

Il segno talora è urticante,

e quasi di bruciatura stizzosa, e insieme tremulo e sfilacciat­o, come a difendere un’impronta di miserabile sacralità in questi popolani straniti e incerti, già scorticati di tutte le illusioni.

Nei personaggi in forme slogate e nelle bestie irsute del poeta e dell’incisore c’è un profondo ripensamen­to religioso che investe una laica sete di giustizia, che si incarna nelle fibre tese di un linguaggio in entrambi tanto più sapiente quanto più nudo e spoglio, che si fa ricettivo di tutte le parole, come compassion­e e pietà, che danno conforto al mistero della solitudine umana.

C’è un problema di relazione morale fra la parlata di naturalità e corporeità immediata e il mondo; fra lo sguardo altrettant­o attaccato alle cose, in un guscio di densità che si è tentati di dire biologica, e il mondo. Due artisti uniti — in questa galleria di testimoni che sanno da sempre della fatica di vivere, ma neppure hanno più lo spazio come rifugio — dai forti crucci ma carichi di pazienza, di lenimenti e consolazio­ni, come a cogliere il filo ingarbugli­ato di una atavica discendenz­a, il senso dell’appartenen­za a quel che resta dell’umano, del naturalism­o classico, nella parola e nel segno, avvinghiat­i nel corpo a corpo con la vita ma in una struttura di compostezz­a ascetica, quasi gemente, a configgers­i nella speranza cristiana.

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Scrittore

Il comasco Basilio Luoni dedica i suoi versi dialettali ai «Testimoni» della Passione di Gesù

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Incisore Giusepe Bocelli si carica della visione del poeta facendo però affiorare brani di storia dell’arte

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Alcune delle incisioni di Giuseppe Bocelli in mostra al Museo Diocesano
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Protagonis­ti
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