Giustizia, le nomine bresciane nel risiko degli uffici che contano Avezzù, verso il ritorno a Torino
In primavera sbocceranno le nomine per il nuovo procuratore della Repubblica e per il Procuratore Generale (l’attuale Pg, Pierluigi Maria Dell’Osso dovrebbe lasciare a fine maggio per raggiunti limiti di età ed è già stato aperto l’interpello per raccogliere i candidati)? Secondo logica dovrebbe essere così, soprattutto per colmare il ruolo di procuratore capo vacante ormai da novembre, dopo il pensionamento di Tommaso Buonanno. Ma la commissione che dovrebbe esaminare i titoli degli aspiranti (dodici magistrati, tutti con lunghe esperienze nella magistratura inquirente) non è ancora stata fissata nonostante l’interpello sia stato chiuso a fine novembre.
Chi si intende di cose di Csm, però, non si stupisce: le nomine bresciane sono concomitanti con altri importanti uffici cui dare una guida. Se Brescia ha un ruolo non secondario nelle dinamiche degli uffici italiani perché è chiamata a giudicare le eventuali mancanze dei colleghi di Milano, lo stesso si può dire di Perugia (anch’essa rimasta senza procuratore) che ha giurisdizione sui colleghi di Roma, nel caso finiscano sotto accusa. Nel grande risiko delle nomine, poi, ci sono anche figure di spicco come il procuratore capo di Torino, rimasto vacante dopo l’uscita (il 17 dicembre scorso) di un magistrato di spessore come Armando Spataro, alla cui poltrona ora aspirano in dodici; oppure ruoli chiave come la designazione di alcuni nuovi procuratori aggiunti a Roma. Nomine, insomma, di un certo peso sulle quali, inutile nasconderlo, avrà un ruolo determinante anche il gioco delle correnti che dividono la magistratura in un Csm insediato da poco dopo una elezione che ha mutato in modo sensibile i rapporti di forza all’interno dell’organo di autogoverno. Ecco perché le nomine di Brescia potrebbero rientrare in un gioco più ampio fatto di delicati equilibri di potere, sui quali però, pesa il fattore «giustizia amministrativa». Sempre più spesso, infatti, le nomine del Csm sono contestate davanti al Tar da candidati che ritenevano di avere più diritti di chi è stato scelto dal Plenum. Talvolta la giustizia amministrativa ha contestato al Csm carenza di motivazioni annullando le nomine, in altre occasioni ha sottoscritto la bontà del suo operato, in ogni caso va fatto uno sforzo in più per blindare le designazioni. Ad esempio, due fra i candidati (sono poco meno di una decina) che aspirano alla Procura generale di Brescia sono passati, con alterne fortune, sotto l’esame di Tar e Consiglio di Stato. Lucia Musti, dopo due anni e mezzo dalla nomina a procuratore capo di Modena ha dovuto lasciare l’incarico a Paolo Giovagnoli, procuratore capo di Rimini che aveva fatto ricorso prima al Tar e poi al Consiglio di Stato. Più fortunato Guido Rispoli, procuratore generale a Campobasso che nel luglio scorso si è visto confermare nel ruolo dopo una battaglia amministrativa durata una trentina di mesi. In attesa degli eventi, è scattato da tempo il toto -procuratore capo. Anche se in tanti tifano per il ritorno dell’ex (Antonio Chiappani, procuratore capo a Lecco da circa 4 anni) , in pole position paiono più Fabio Napoleone (sostituto procuratore generale a Milano) o Giuseppe Borrelli, procuratore aggiunto a Napoli. La parola passa ora alle commissioni del Csm, le stesse che nelle prossime settimane decideranno anche il nome del nuovo procuratore per i minorenni di Torino: a quel posto concorrono in tre, ma la favorita (alla luce del suo curriculum) appare Emma Avezzù, già procuratore capo dei minori a Brescia e, in precedenza, con una lunga esperienza in campo minorile proprio nel capoluogo piemontese.