Aste truccate e estorsioni, due arresti
Ex assessore di Darfo e un immobiliarista gestivano tutto il mercato dei fallimenti
Agli arresti domiciliari, con l’accusa di turbata libertà degli incanti sono finiti l’ex consigliere del Comune di Darfo ed ex direttore del distretto veterinario Asl di Valcamonica e un immobiliarista di Costa Volpino. Sono accusati di aver gestito tutte le vendite degli immobili che, dopo i fallimenti, venivano messi all’asta.
Le promesse, gli accordi, le minacce. Tutto per soldi. E secondo quanto ricostruito in fase di indagine (titolare del fascicolo il pm Ambrogio Cassiani) «emerge in maniera inequivocabile» che hanno «il controllo delle aste immobiliari in provincia e che, spalleggiandosi vicendevolmente o allontanando possibili offerenti» (garantendo loro denaro) — i quali non si presentano o non rilanciano — «veicolano le aggiudicazioni degli immobili» in Valcamonica. Per questo in manette, e agli arresti domiciliari, con l’accusa di turbata libertà degli incanti sono finiti l’ex direttore del distretto veterinario Asl Valcamonica-Sebino e già consigliere comunale a Darfo, Domenico Benedetti, 69 anni — che risponde anche di tentata estorsione — e l’immobiliarista Franco Bara, 73, di Costa Volpino (Bergamo). Chi doveva aggiudicarsi gli immobili e chi non doveva intromettersi lo avrebbero deciso loro. Bastava pagare.
Indagate per averli spalleggiati altre quattro persone: un ingegnere 41enne di Esine, due imprenditori di 52 e 42 anni rispettivamente di Cividate Camuno e Esine e l’artigiano di 53 anni, di Darfo, che Benedetti lo ha denunciato. Perché era interessato a un appartamento a Esine, finito all’asta dopo un fallimento. Al momento di dare un’occhiata, gli aprì la porta proprio il veterinario: «Se vuoi aggiudicartelo devi parlare con me. Ci penso io, poi ci mettiamo d’accordo», gli avrebbe detto. In effetti, bastò un rilancio di soli 100 euro, nessun altro propose «stranamente» di più: immobile aggiudicato in ottobre a 48 mila euro, a fronte di un budget di 65 mila. E per la sua «mediazione» proficua, all’artigiano Benedetti avrebbe chiesto proprio 17 mila euro. «Gliene ho dati 5 mila in contanti con la promessa del saldo successivo», ma a quel punto sarebbero arrivate le minacce. «O paghi gli altri 12 mila euro o faccio un rilancio post aggiudicazione in modo che tu non possa rogitare». Un’intimidazione che nel novembre scorso sarebbe stata ribadita anche durante un incontro nello studio di un ingegnere, denunciato per aver dichiarato agli inquirenti, mentendo, di non sapere nulla di questa storia: «Ero lì, però poi ho negato tutto» ammise lo scorso febbraio alla moglie; «Hai capito? Che io ero al corrente...» confermò poi a un amico, il giorno dopo, in relazione alla presunta «stecca» dell’artigiano a Benedetti. Non solo. Avrebbe fatto riferimento a una trentina di aste «truccate», con il veterinario «a capo della cupola». Ma anche Bara per gli inquirenti avrebbe mentito, raccontando di non aver rilanciato alle aste perché così gli aveva detto di fare la titolare dell’immobiliare di cui è amministratore unico: «In realtà tutte le strategie della società le decideva lui» ha invece riferito lei. Per chi indaga anche lui nella vicenda riveste «un ruolo centrale», con una «notevole influenza nel settore» rafforzata dai collegamenti con le banche e le agenzie immobiliari, ma anche dal «passa parola».