Stamina - bis e il volontario Andolina
«Voglio tornare a curare in Siria. In questa vicenda a giudizio anche malati di Sla»
Il gip ha rinviato a giudizio otto imputati di associazione a delinquere finalizzata alla truffa nei confronti di pazienti affetti da gravi patologie neurodegenerative ai quali avrebbero proposto trattamenti con staminali senza effetti.
A processo è finito anche Marino Andolina ( foto), pediatra triestino in pensione già coinvolto nel caso Stamina: «Io ora faccio solo il volontario per curare la gente in zone di guerra».
L’attesa non è breve. Si torna in aula dopo per conoscere la decisione del giudice al termine dell’udienza preliminare. Tutti e otto gli imputati rinviati a giudizio per associazione per delinquere finalizzata alla truffa. Tra di loro c’è anche Marino Andolina, noto ex pediatra triestino già coinvolto nella maxi inchiesta sul caso Stamina (dal quale uscì patteggiando un anno e nove mesi). Passo veloce e carte alla mano, si confronta con il suo legale. «Nessun commento sulla decisione del gip, altrimenti il mio avvocato si arrabbia», ironizza, come sempre. Si fa serio: «In merito alla mia posizione preferisco non dire nulla, davvero. Ma sono molto addolorato per il rinvio a giudizio di marito e moglie, lui malato di Sla, questo sì». Conferma di essere ormai «in pensione», ma di non avere alcuna intenzione di starsene con le mani in mano «Spero di poter ripartire presto per la Siria e l’Iraq, per riposarmi un po’». Prego? «Torno a fare il volontario e ad aiutare gli altri, là dove nessuno vuole andare. Così facendo mi passa il nervosismo...». Anche per la decisione del giudice, Riccardo Moreschi, immaginiamo, che accogliendo la tesi del pm Carlo Francesco Milanesi ha mandato a dibattimento, oltre ad Andolina, 73 anni: il chirurgo estetico bresciano Erri Cippini, 63 anni — «direttore scientifico di Epha, provvedeva al prelievo di tessuti adiposi dai familiari dei malati al fine di estrarre il materiale biologico da trattare» nel laboratorio svizzero Med Cell — Stefano Bianchi, 44 anni, di Rho (Milano), la compagna Monica Salvi, bresciana di 48 anni residente a Castegnato e Ivana Caterina Voldan, 55, di Castegnato, che avrebbero reclutato i pazienti presentandosi come membri dell’associazione Amici di Raoul, mai costituita. Ma in aula ci saranno anche il titolare del laboratorio Med Cell, Peter Edward Kellner, 65 anni, che vive a Zurigo, oltre a Giacomo Gigliotti, di casa a Castenedolo, 49 anni, e Carmine Scarpa, di casa a Suzzara (Mantova).
L’inchiesta risale al 2015, gli indagati hanno sempre respinto ogni addebito. Accusati di aver promesso cure miracolose a persone per le quali le aspettative di vita, in realtà, erano già appese a un filo: patologie neurodegenerative Sla, Sma e leucemie. In particolare, infusioni di cellule staminali che arrivavano a costare fino a 14 mila euro.Terapie che, secondo il pm, gli indagati avrebbero proposto come «miracolose» ma che in realtà non sarebbero mai state sperimentate e potenzialmente pericolose. O semplicemente inefficaci. I protagonisti della vicenda ruotano attorno alla Elpha Foundation, onlus che fa capo a uno svizzero, di Lugano. Stando all’accusa, gli incontri con i pazienti sarebbero stati organizzati «con modalità clandestine»: «emblematico» fu definito dalla procura l’episodio del 23 agosto 2104, quando dopo aver convocato i potenziali clienti in un hotel di Brescia, una volontaria li avrebbe invitati a spacciarsi con il personale come pellegrini in sosta prima di ripartire per Medjugorie
L’accusa
Gli incontri con i pazienti sarebbero avvenuti «con modalità clandestine»