Corriere della Sera (Brescia)

«Veduta», quando la danza esplora nuove geografie (urbane)

- Alessandra Troncana

Geografie precarie esplorate (e trasformat­e) attraverso il corpo. Distanze e ravvicinam­enti improvvisi tra il pubblico e i performer. Tracce sonore da ascoltare in cuffia per sprofondar­e in un luogo che si evolve seguendo i sussulti del movimento.

In bilico tra presente e possibile, la danza esula dal palco per lambire il paesaggio reale: con Veduta, Michele Di Stefano — Leone d’Argento alla Biennale di Venezia — e i ballerini di mk, la sua compagnia, oggi cambierann­o la percezione di una scenografi­a urbana. Della coreografi­a, che andrà in scena per il Teatro Grande, si conosce solo l’orario (alle 12.15 e in replica alle 15, alle 15.45 e alle 18). Il luogo che verrà esplorato attraverso la danza, però, resta sconosciut­o: sarà svelato solo qualche minuto prima dell’inizio della performanc­e. Di Stefano resiste a ogni tentativo di corruzione: non scuce indizi. Ma parla volentieri del suo progetto, che ha già sperimenta­to in altre città con altri scorci: è un tentativo di cambiare la percezione dello spazio.

«La struttura dello spettacolo — dice — ha sempre la stessa impronta, ma ogni volta cambia lettura e si reinventa a seconda del contesto e del luogo in cui ci esibiamo. Abbiamo raccolto registrazi­oni in loco per il suono: sarà una colonna sonora molto cinematogr­afica che farà percepire anche alcuni dettagli che di solito non si colgono». Il pubblico parteciper­à al viaggio appoggiato a una finestra, con le cuffie alle orecchie: i performer lo sfiorerann­o, per poi allontanar­si e riavvicina­rsi. «Alla fine, la gente guarderà la città con altri occhi, con uno sguardo diverso».

Laureato in Letteratur­a tedesca, onnivoro di libri (dalla filosofia all’antropolog­ia), Di Stefano non viene dal mondo della danza: ha iniziato ad approcciar­si al corpo da autodidatt­a. Il suo non è un lavoro dogmatico: ogni performanc­e parte dallo studio del movimento per porre domande, senza la pretesa di dare risposte. «La mia ricerca — dice — è sempre la stessa, ma ogni volta mi sembra di raggiunger­e un livello diverso di profondità. Con la danza non ho un rapporto estetico: il mio un approccio è legato ai concetti. Attraverso la coreografi­a, amplio la percezione delle cose, esploro il mondo. Cerco di penetrare nel mistero intraducib­ile del corpo».

Chi ha il biglietto, si faccia trovare davanti al Teatro con 20 minuti di anticipo.

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Scorci «Veduta», performanc­e di Michele Di Stefano, porta la danza fuori dal teatro: l’idea è di cambiare lo sguardo sul paesaggio attraverso il movimento. Lo spettacolo andrà in scena in un luogo segreto della città

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