La guerra corsara di D’Annunzio e dei suoi legionari
Storia Il nuovo libro di Costanzo Gatta aiuta a riscoprire una pagina poco nota delle imprese di d’Annunzio Un gruppo di legionari ribattezzati «uscocchi» dirottò varie navi: così facendo salvò Fiume dalla fame
Fra il settembre 1919 e il dicembre 1920 il Mare Adriatico fu teatro di una guerra di corsa oggi dimenticata. Navigli mercantili e navi da guerra rischiavano sistematicamente arrembaggi e dirottamenti. Fiume era il covo dei corsari che mettevano in scena imprese degne delle Tigri di Mompracem, allora mito popolare grazie ai popolarissimi romanzi di Emilio Salgàri. Ma se i pirati agli ordini di Sandokan esibivano turbanti e pugnali ondulati, si spostavano su barche a remi e facevano strage dei nemici, i loro emuli novecenteschi indossavano divise grigioverdi, issavano simboli degli arditi, si muovevano a bordo di veloci motoscafi denominati Mas e per giunta non spargevano una goccia di sangue.
Era una guerra corsara condotta secondo il gusto del gesto clamoroso e mirabolante, e della più squisita cavalleria marinaresca, quella condotta dagli uscocchi agli ordini del Comandante, il Poeta guerriero, insomma Gabriele d’Annunzio.
Nei sedici mesi della Reggenza del Carnaro, nelle giornate pazze e arruffate che si distendono fra la marcia da Ronchi dei legionari e il Natale di sangue, D’Annunzio dovette fare i conti con una ridda di problemi, che non riguardavano solo la creazione del mito di se stesso: trattare con le cancellerie di tutta Europa, tenere a bada spie e sicari, mediare fra l’ala militare moderata e quella dadaista rivoluzionaria dei legionari, saziare gli appetiti sessuali propri e del suo composito harem in cui giganteggiava allora la figura di Luisa Baccara (invisa ai legionari per la possessiva signoria che esercitava sulle notti del Comandante e per il suo probabile ruolo di iniziatrice al vizio della cocaina), moderare le intemperanze delle teste calde che lui inquadrà nella brigata «Disperata», tenere alta la polemica contro Nitti, Giolitti e tutto il liberalismo nazionale, evitare uno spargimento di sangue italiano.
Ma un’altra e forse prevalente preoccupazione affliggeva il Comandante: quella di sfamare i suoi e l’intera città. Il blocco marittimo e terrestre (non insuperabile, per la verità) imposto dalle armate italiane rischiava infatti di affamare i civili, portandoli alla rivolta, e piegare i legionari, inducendoli alla resa. Nasce da lì l’avventura più incredibile di quei mesi, quella del corpo degli uscocchi, così ribattezzati da D’Annunzio riesumando il nome di pirati dalmati che avevano solcato l’Adriatico e taglieggiato la flotta austriaca avversa a Venezia. L’epopea al tempo stesso piratesca e cavalleresca degli uscocchi rivive ora nell’avvincente libro di Costanzo Gatta «Gabriele D’Annunzio uscocco» (pp. 180, euro 16) che le edizioni Ianieri di Pescara mandano in libreria con la prefazione di Franco Di Tizio. Giornalista (del Corriere) e scrittore, dannunzista raffinato e onnivoro, conoscitore del Vate e dei suoi segreti biografici, dei suoi amori e delle sue gesta letterarie, Costanzo Gatta getta un meritato fascio di luce sulle imprese degli uscocchi, collocandola da par suo nella vicenda da Repubblica da operetta, nella epopea drammatica e poetica, dell’impresa fiumana.
Il primo atto di D’Annunzio fu sempre quello di trovare nomi all’altezza del suo genio creativo: e così gli Uscocchi guidati da Mario Magri (per un tiro della sorte, divenuto antifascista finirà martire alla Fosse ardeatine) facevano capo all’«Ufficio colpi di mano», mentre la refurtiva — pardon, il bottino — era affidato al «Dittatore dei viveri», l’inflessibile Vittorio Margonari. Attingendo a cronache, diari, memorie, Gatta restituisce un quadro vivido di Fiume e delle imprese compiute per sfamarla, contando sul sostegno della Federazione dei lavoratori del mare (il sindacato dei marittimi dell’epoca) e di sponsor facoltosi come il senatore Giuseppe Cesare Borletti, ma soprattutto sullo spirito avventuroso e guascone, l’ingegno fervido e la faccia tosta dei suoi uscocchi. «Gli allegri filibustieri di D’Annunzio» scritto dal suo segretario Tom Antongini era finora il testo di riferimento per l’epopea degli uscocchi. Gatta gli subentra ora degnamente con un libro che si legge d’un fiato. Un libro di storie avventurose da leggere con divertimento e sorpresa. Un libro di avventure diventate Storia.
Odiata
I seguaci in divisa odiavano Luisa Baccara che stava iniziando il Poeta all’uso della cocaina