La bellezza anche in mezzo alla strada
Quarant’anni di storia sociale italiana nelle fotografie di Letizia Battaglia «È una grande emozione tornare a Milano dove tutto è cominciato»
«Arrivai a Milano nel 1971 e quando proposi i miei articoli al Corriere e al Giorno, mi sentii rispondere: e le foto? È così che ho cominciato a fotografare», racconta Letizia Battaglia alla platea che la applaude per tre lunghi minuti alla presentazione della sua mostra aperta da oggi a Palazzo Reale. Un percorso di 40 anni in 300 fotografie che inizia con una sala interamente dedicata a Milano dove Letizia fotografò Pasolini e Franca Rame alla Palazzina Liberty, circondata da centinaia di giovani. «Tutta la mia storia passa da questa prima stanza. Per me è un ritorno a casa: avevo 36 anni ma è qui che ho cominciato ad essere una fotografa, non a Palermo. Stamattina ho pianto quando ho visto le immagini in mostra: ora capisco che hanno un senso e le percepisco come una conclusione. La curatrice Francesca Alfano Miglietti mi ha ricostituita e messa in ordine. Una vita vale sempre, ma oggi io sento forte il valore della riconoscenza. Non immaginate che emozione provo», conclude.
In effetti la mostra è di quelle imperdibili, perfetta nell’allestimento, nella selezione e nel riassemblaggio delle immagini che Alfano Miglietti ha diviso per temi: prima la Palermo della mafia, poi le donne, i bambini, le feste di famiglia, i riti religiosi, scatti rubati anche a Istambul, in Polonia, in Russia, in Ungheria o in Libia. Rispettando, così, l’insofferenza sviluppata da Letizia per i morti ammazzati e la mafia che l’hanno sì resa celebre in tutto il mondo, ma anche profondamente ferita lasciandole un desiderio di bellezza. «Storie di strada», aperta fino al 19 gennaio (ore 9.30-19.30; giov. e sab. fino alle 22.30; lun. 14.30-19.30; ingr. € 15/6) racconta il popolo, le piazze, le abitazioni del piano terra, le processioni e i funerali, la miseria e le sue risorse vitali con uno sguardo empatico, né retorico né indulgente. E con un impegno civile che non trascende mai nell’ideologia, sempre in cerca di uno spazio, anche minuscolo, per la bellezza.