La neve e quei viaggi nel tempo che nessuna metropolitana regala
Nevicava, e pensavo a quanto sarebbe stato bello andare al campo d’allenamento a osservare gli schemi nascosti dal bianco, a tirare qualche di palla di neve a Super Mario. Tanto lui le avrebbe stoppate di petto, e rovesciate in rete. Oppure avrebbe aspettato il ritorno del sole, il sabato successivo, per vincere insieme ai compagni contro il Lecce 3-0 (Chancellor, Torregrossa, Spalek). Invece ha chiamato mia madre, e ha detto:
— Oggi, dopo 62 anni di attività, chiude il nostro negozio.
— Quindi, facciamo bene i conti, dal 1957?
— Sì.
Sono rimasto con la palla di neve in mano, e per evitare l’ineluttabile commozione, per sorvolare sugli stati d’animo e sui ricordi che quello spazio commerciale avrebbe sempre proiettato sulle pareti della mia memoria, circondata nella circostanza da materassi, cuscini, trapunte e accappatoi; ma anche da cose meno morbide rispetto agli articoli per la casa solitamente venduti, come ad esempio l’infanzia palleggiata contro il muro del retrobottega, cercando di non pensare alla disgrazia di non avere più un padre, sognando di diventare un calciatore, ho aggiunto:
— Lo sai cosa scriveva Aldo Busi? Che il padre, per quanto imperfetto, di un perfetto scrittore è costituito da tutti gli altri scrittori che lo scrittore si sceglie (unico tra gli umani, egli sceglie la paternità), ma la madre o è quella o è meglio che sia orfano del tutto. Ecco, la mia sei tu, e non avrei potuto desiderare di meglio.
Il negozio di famiglia allora chiudeva dopo 62 anni di attività, nevicava e non sono andato al campo d’allenamento, ma ho preso la metropolitana. Per un attimo ho chiuso gli occhi sperando che i moderni convogli automatici e sotterranei, potessero anche far viaggiare nel tempo (ah, ritornare bambini!); ma quando ho dischiuso le palpebre, l’unica cosa mutata era la voce registrata che annunciava dagli altoparlanti il nome delle stazioni: fino a pochi giorni prima femminile, adesso maschile. Fermata, Mompiano. Sono sceso. Possibile fossero trascorsi tutti questi anni? Dal 1957, anno dell’apertura del negozio famigliare. Dal 1984, con i suoi giorni di palleggi infantili, delusi ma sognanti contro il muro del retrobottega. Ho chiesto a un controllore, non ne sapeva nulla. Per i viaggi nel tempo da effettuare in metropolitana tuttavia, ha tenuto a precisare, l’abbonamento mensile non bastava.
Aldo Busi, Nudo di madre, 1997
Bilanci
La chiusura del negozio di famiglia dopo 62 anni di attività induce a bilanci con la vita