La targa repubblichina salvata dal consigliere di sinistra
Lecco, l’omaggio ai caduti della Rsi era in un torrente: «Al di là delle idee la storia non va rimossa»
LECCO Vandalizzata, imbrattata, rimossa, cambiata, infine rubata e ritrovata nel greto di un torrente. È ricomparsa dopo quattro mesi la targa che era affissa all’esterno dello stadio Rigamonti-Ceppi di Lecco in memoria dei 16 ufficiali della Repubblica sociale italiana fucilati il 28 aprile 1945, all’indomani della fine dalla Seconda guerra mondiale. Rubata in agosto, è stata ritrovata da Alberto Anghileri, ex sindacalista, consigliere comunale della lista «Con la sinistra cambia Lecco». L’omaggio ai repubblichini salvato dal «compagno» Anghileri, che non ha esitato un istante domenica pomeriggio a scendere lungo la scarpata del torrente Caldone, nel rione lecchese di Bonacina, per ripescare la targa gettata in quel punto da mani ignote e fin dalla sua posa al centro di aspre polemiche.
«L’offerta della loro vita sia monito contro ogni risorgere dell’odio fratricida», recitava l’iscrizione originale voluta nel 2001 dall’allora giunta di centrodestra che amministrava la città. Strappata dal muro in più di occasioni, deturpata e contestata, era tornata al suo posto con una versione totalmente rivista dall’attuale amministrazione di centrosinistra che ai nomi delle vittime aveva sostituito la memoria del fatto storico. I soldati della Rsi erano stati fucilati all’interno dello stadio, perché condannati a morte dal Comitato di liberazione nazionale dopo che le stesse vittime alcuni giorni prima aveva sparato sui partigiani nonostante fosse stata esposta la bandiera di resa. La scritta, frutto di una delicata mediazione politica, ha però avuto vita breve.
«Non so chi possa averla rubata per l’ennesima volta — spiega Anghileri —. Sta di fatto che mentre facevo una passeggiata in via Movedo ho visto qualcosa luccicare nel torrente. Sono sceso e mi sono subito reso conto di cosa si trattava, indipendentemente dalle posizioni politiche non potevo lasciarla li. Così l’ho presa e consegnata in Comune. Deciderà il sindaco cosa farne. Resta comunque un fatto storico che non va rimosso dalla memoria della nostra città. Qualsiasi cittadino si sarebbe comportato come me».