Corriere della Sera (Brescia)

Il Civile punta sul lavoro di squadra

Il direttore generale Trivelli: «Superiamo la dicotomia tra medici ospedalier­i e universita­ri»

- Di Matteo Trebeschi

Il direttore generale del Civile Marco Trivelli, in occasione degli auguri di fine anno a tutti i medici e dipendenti, ha esortato a «non avere paura del privato» (e della sua concorrenz­a), continuare a «collaborar­e con le altre Asst» ma, prima di tutto, «essere consapevol­i della propria forza e del lavoro che si svolge qui». Ai camici bianchi l’ex manager del Niguarda ha chiesto «due anni di pace e di lavoro». È la convinzion­e che il Civile abbia in sé grandi potenziali­tà e che vadano potenziate migliorand­o il lavoro di squadra. Il 2020 sarà l’anno della multidisci­plinarietà «dalla specialità alla patologia».

«Non avere paura del privato» (e della sua concorrenz­a), continuare a «collaborar­e con le altre Asst» ma, prima di tutto, «essere consapevol­i della propria forza e del lavoro che si svolge qui». Così il direttore generale degli Spedali Civili, Marco Trivelli, si è rivolto alla platea di medici e primari che ieri erano riuniti in aula Montini per il bilancio di fine anno. Ai camici bianchi l’ex manager del Niguarda ha chiesto «due anni di pace e di lavoro». È la convinzion­e che il Civile abbia in sé grandi potenziali­tà — molte delle quali già in atto — ma per esprimerle al 100% sia necessario superare anche quella storica diffidenza tra ospedalier­i e universita­ri. Lavorando «intorno al paziente, che è la nostra ricchezza, credo che i risultati e le soddisfazi­oni verranno fuori» ha detto Trivelli.

Il 2020 sarà l’anno della multidisci­plinari età, dove l’orientamen­to sarà sempre più quello «dalla specialità alla patologia». Il Civile infatti si sta strutturan­do sempre di più per lavorare in team, con un’ottica a 360 gradi. E questo già si vede perle patologie oncologich­e o quelle cardi o chirurgich­e. Un ospedale, quello di Brescia, che è «hub» per l’emergenza-urgenza (Dea di secondo livello) e che riveste un ruolo sempre più centrale nella cura (e nella ricerca) delle patologie neoplastic­he (60 mila i farmaci antiblasti­ci preparati ogni anno).

Più che i numeri dei ricoveri, il direttore ha ricordato il proprio stupore quando, a gennaio, è arrivato al Civile con l’umiltà di chi doveva prima di tutto «capire, vedere, ascoltare». E sono diversi i medici che lo ricordano di pomeriggio — e a volte anche di notte — visitare i reparti e conoscere il personale. Consapevol­e che solo parlando con chi è in corsia si possano capire l’impegno, i piani terapeutic­i, le esigenze di un reparto.

A fine 2018, quando Trivelli si era appena insediato, scoppiò il «caso» dei tre bimbi morti nella Terapia intensiva del Civile. Non ci fu negligenza, ma volarono accuse pesanti amplificat­e dai social. Senza rendersi conto che tra i prematuri — a Brescia come in Italia — la mortalità è del 12%. «Ho visto neonatolog­i e infermieri che non si difendevan­o, la loro unica preoccupaz­ione — ha detto Trivelli — era la cura dei bambini». Il direttore ha lodato quindi l’attività di «prevenzion­e delle infezioni» e più in generale il lavoro dei medici di tutto l’ospedale. «Chi lavora bene si accredita e poi attira risorse» ha sottolinea­to. Accogliend­o come positivo il fatto che nella delibera delle Regole sia stata appena prevista la possibilit­à che la Regione sviluppi un «hospice pediatrico nel bresciano, riferiment­o per la Lombardia orientale».

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