Sfruttava cento lavoratori È stato denunciato
Altri 55 erano in nero, denunciato per caporalato: contestazioni totali per più di 700 mila euro
Pare andasse avanti così da tempo, parecchio. E che nessuno avesse «osato» denunciate una situazione sostanzialmente insostenibile nella quale, per chi indaga, aveva preso forma una «grave compromissione dei diritti dei lavoratori, costretti a subire un livello contributivo infimo». In sintesi: sottopagati, senza tutele previdenziali nè sindacali e in condizioni precarie. Prendevano poco più di due euro all’ora, quando il contratto ne prevede circa quattro volte di più. E «sorvegliati» dall’occhio elettronico.
Nei guai è finito un imprenditore bresciano sulla sessantina, titolare di un ristorante e una pasticceria nella Bassa bresciana, a Manerbio, ma anche di altre attività: denunciato per caporalato. Non sarà più lui, per ora, però, a tirarne le fila. Dopo oltre un anno di indagini — condotte dai carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro, insieme ai funzionari di Inps e Inail — su richiesta del sostituto procuratore Marzia Aliatis il gip ha disposto il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, non solo del patrimonio aziendale (quindi di tutti i conti correnti grazie ai quali parte delle somme contestate è stata recuperata) ma anche delle stesse imprese, affidate alla gestione di un amministratore giudiziario affinché i posti di lavoro potessero essere mantenuti. Non come prima, però.
Dagli accertamenti, partiti da una normale ispezione finalizzata al contrasto del lavoro sommerso, è emerso infatti che per quattro anni, dal 2015 al 2019, questo imprenditore avrebbe perpetrato una serie di illeciti nel suo ristorante e nella sua pasticceria. E i numeri sono clamorosi. Ben 55 lavoratori sono risultati «in nero», quindi privi di ogni inquadramento. Ma altri 110, il doppio, risulta fossero «sottoposti a condizioni di sfruttamento», con retribuzioni che andavano da 2,50 euro a 5 euro all’ora — a fronte dei 9 euro previsti dai contratti collettivi. Lavoravano dalle dieci alle dodici ore, senza riposi settimanali. E senza che venissero rispettate le norme in materia di sicurezza: addirittura, i lavoratori venivano controllati «a distanza» grazie a un sistema di videosorveglianza non autorizzato.
Oltre alla denuncia per caporalato, all’imprenditore sono state verbalizzate multe salatissime, per oltre 700 mila euro. In particolare, le violazioni amministrative contestate ammontano a circa 230 mila euro, alle quali si aggiungono 500 mila euro di «omissioni previdenziali e assicurative» nei confronti dei lavoratori. Il calcolo naturalmente deriva dalla differenza tra i contributi (pochissimi) versati in concreto e quanti, invece, ne sarebbero spettati di diritto a tutti loro, in condizioni dignitose e previste dalla legge. Perché anche alla luce della recente normativa in materia di sfruttamento sul lavoro, non basta un contratto: deve rispettare precisi parametri economici e di sicurezza.