Corriere della Sera (Brescia)

L’ADORABILE STENDHAL

- Di Francesco Savio

Ècosa nota che Balzac scrisse 72 pagine di recensione entusiasta della Certosa di Parma di Stendhal, rimprovera­ndo tuttavia l’autore per aver collocato geografica­mente il suo romanzo in modo così preciso. La certosa, non sarebbe stato forse un titolo migliore, in grado di fornire al lettore una visione più ampia dell’Italia di quel tempo? Viaggiavo verso Parma, pensando alla recensione di 72 pagine di Balzac (quale rivista avrebbe potuto ospitarla, oggi, magari in edizione limitata, magari solo per il numero di Natale?); a Italo Calvino che s’interrogav­a su quanti giovani avrebbero potuto scoprire, attraverso uno sceneggiat­o televisivo, l’opera scritta da Stendhal in cinquantad­ue giorni, in realtà improvvisa­ndo, dettando un capitolo senza sapere mai cosa sarebbe accaduto in quello dopo (il piano di lavoro fatto in anticipo lo agghiaccia­va). Quanti di questi giovani, rimuginava Italo Calvino, si sarebbero convinti che il più bel romanzo del mondo non poteva essere che La certosa?

Pensavo, viaggiando verso quella Parma di Stendhal che non è mai esistita, a Leonardo Sciascia, al suo difficile rapporto con Pier Paolo Pasolini, percepito come fraterno e lontano. Come se a separarli fosse un muro, rappresent­ato secondo Sciascia da una parola, la parola-chiave della vita di Pasolini: la parola «adorabile», scritta e pensata talvolta anche da Sciascia, ma per una sola donna e per un solo scrittore. E lo scrittore, era Stendhal.

Pensavo a queste cose, viaggiando verso Parma, a tutti questi scrittori. Come se si fossero accordati, mi giravano in testa, accompagna­ti dai loro desideri. E io, quante volte avevo pronunciat­o o scritto, nel corso della vita, la parola «adorabile»? A gentile memoria, poche. Per quali donne? Per quali scrittori?

Pensando a tutte queste cose, in questa Italia che non era più quella descritta da Stendhal e circondato da questi italiani che senza dubbio non erano più quelli indagati da Stendhal, non sembrando infatti ai miei occhi «artisti nell’andare a caccia della felicità»; mi sono seduto su una panchina di fronte alla certosa, o forse era lo stadio, e ho ripreso la lettura della Certosa di Parma, nella traduzione di Gianni Celati. Nel costante sottofondo sonoro della folla, ho percepito in modo distinto due boati, ma solo il primo mi è parso adorabile. Aveva a che fare con Super Mario. A quanto ne so, la partita è finita uno a uno.

Leonardo Sciascia, L’adorabile Stendhal, 2003

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