Corriere della Sera (Brescia)

Amianto mai smaltito Una denuncia per tre

Il caso tra Castelli Calepio e Palazzolo. Nei guai la proprietà e un funzionari­o

- M. Rod.

Sul confine tra Brescia e Bergamo, a Quintano di Castelli Calepio, c’è una potenziale bomba ecologica, pronta a esplodere: un capannone in disuso con la copertura in amianto che si sbriciola e si disperde nelle abitazioni vicine. La situazione è ferma da sei anni, ora il sostituto procurator­e Antonio Bassolino ha aperto un’inchiesta. Nei giorni scorsi i carabinier­i sono andati al municipio di Castelli Calepio, nella Bergamasca. Dopo i primi accertamen­ti sul registro degli indagati sono finiti in tre: i due titolari dell’azienda (per disastro ambientale colposo) e la responsabi­le dell’ufficio tecnico del Comune per omessa bonifica.

Basta una folata di vento (ma non necessaria­mente) — o un incendio, come successo nei mesi scorsi — e tutto ricomincia da capo. E dopo sei anni di immobilism­o, all’indirizzo della procura si sono rivolti sia i residenti della zona che i rappresent­anti istituzion­ali, tra Brescia e Bergamo. Perché è lì, sul confine, nella frazione di Quintano di Castelli Calepio, che si trova una potenziale bomba ecologica potenzialm­ente pronta a esplodere: i capannoni ormai in disuso della Fratus snc — in liquidazio­ne, commerciav­a articoli per l’edilizia — coperti di amianto, le cui fibre si disperdono fino alle vicine abitazioni. Il caso, adesso, è diventato un’inchiesta, aperta dal sostituto procurator­e Antonio Bassolino, che nei giorni scorsi nel municipio di Castelli Calepio ha dato mandato ai carabinier­i di acquisire una serie di documenti in relazione ai procedimen­ti amministra­tivi sulla bonifica o la messa in sicurezza dell’area ma anche la corrispond­enza tra privati e pubblica amministra­zione, in particolar­e l’ufficio tecnico competente. Tre persone sono finite nel registro degli indagati, con diverse accuse: rispondono di disastro ambientale colposo i vertici della Fratus, omonimi padre e figlia di Palazzolo, mentre alla responsabi­le dell’ufficio tecnico del Comune di Castelli Calepio, Lucia Andriola il pm (che potrebbe decidere di sentirla a breve) contesta l’omessa bonifica del sito, che si estende per circa cinquemila metri quadrati: sarebbe stata lei, a «temporeggi­are» e tardare con le procedure, oltre che a rispondere ai cittadini che chiedevano al Comune di intervenir­e. Perché le copertura in eternit avrebbero dovuto essere messe in sicurezza — agli atti un preventivo di spesa da 20 mila euro per la rimozione e l’incapsulam­ento delle fibre di amianto — così come avevano disposto non uno, ma due sindaci di castelli Calepio, in altrettant­e ordinanze: la prima nell’agosto 2013 a firma di Fabio Bizzoni, la seconda nel settembre scorso (dopo un incendio che ha intaccato i capannoni) sottoscrit­ta da Giovanni Benini. Inascoltat­e. E i termini sono scaduti. Per questo alcuni cittadini hanno denunciato, mentre un consiglier­e comunale di Palazzolo, Alessandro Mingardi, ha presentato un esposto in procura sottolinea­ndo esista un pericolo evidente per la salute e l’incolumità pubblica.

Non è l’unico problema «ambientale» della zona che, da tempo, fa i conti anche con la bonifica delle ex fonderie di Quintano: centomila metri quadrati dall’altra parte della strada rispetto ai capannoni, sui quali avrebbe dovuto essere realizzato un centro commercial­e.

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