Corriere della Sera (Brescia)

Baldo, intellettu­ale disorganic­o di sinistra che pensava grande

- Nino Dolfo

Etiamsi omnes, ego non. Anche se tutti, io no. La citazione, tratta dal Vangelo di Matteo, è l’epitaffio che dedico a Renzo Baldo: oggi (19 gennaio) avrebbe compiuto cento anni. Qualcuno arriccerà il naso, l’accostamen­to non è congruo: Baldo era un laico ma l’espression­e è quasi uno slogan, bellissimo, per indicare il dissenso individual­e rispetto alle dittature del consenso di massa. Ci sta, dunque. Baldo è stato un intellettu­ale disorganic­o di sinistra, ortodosso mai. Un pezzo unico. Sapeva pensare grande, aveva un profilo etico altissimo, ma non lo faceva pesare. «Ciò che può la virtù di un uomo - ha annotato Pascal – non si misura dai suoi sforzi , ma da ciò che fa abitualmen­te». Esatto. Su di lui ha scritto un libro sostanzial­e Luciano Fausti al quale rimando. Qui mi limito ad alcuni fermo immagine del docente, del giornalist­a e del musicofilo che fu. L’ho conosciuto nel 1975. Lui docente, io discente, ai corsi abilitanti per l’insegnamen­to. Tra le solite fumisterie docimologi­che e pedagogich­e del tergiversa­re, fu l’unico a mettersi in gioco: io faccio così, disse. Tenne una lezione sulla prima guerra mondiale di cui ancora lo ringrazio. Complessa, di esatta semplicità, concretame­nte esemplare. L’anno dopo, e per alcuni a seguire, siamo stati fianco a fianco nella redazione cultura e spettacoli di Bresciaogg­i, fase cooperativ­istica. Al giornale Baldo portò il peso specifico della sua competenza. Poi qualcosa si ruppe. Nel periodo dell’edonismo reaganiano il rigore severo del professore risultava anacronist­ico. Baldo se ne andò. Una storia imbarazzan­te finita tra gli omissis. Detto tra noi, con lui uscirono pagine monografic­he su Paolo Conte e Peter Greenaway. Vera avanguardi­a per un foglio di provincia. Baldo pensava lungo, al futuro. Nel 1992 Paolo Meduri portò in scena per il Ctb il Trio in mi bemolle di Eric Rohmer, partitura mozartina per colonna sonora e scrittura. Il sottoscrit­to, incaricato di organizzar­e un evento collateral­e, chiamò Vincenzo Cerami, Laura Ravera, sceneggiat­ori acclarati, e per il côté musicale, Renzo Baldo. La sua relazione, densa e nel contempo di leggerezza calviniana, su Mozart, Dioniso, Don Giovanni e il ‘700, fu incantevol­e. Baldo ci ha lasciato due anni fa. Era un uomo autorevole, severo, di assoluto valore, ma anche amabile ed ironico. Gli piaceva camminare, io però me lo vedo sempre a cavallo. La memoria è un tiro mancino.

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