Finta onlus gestiva 250 camerieri in nero
Dalle Fiamme Gialle mezzo milione di sanzioni amministrative
Con la scusa di «formare» aiuto cuochi e camerieri una finta onlus di Brescia forniva lavoro nero a ventidue bar e ristoranti di diverse province del nord Italia (da Bolzano a Milano) potendo contare su 250 giovani «soci» che lavoravano per 10/15 euro all’ora, senza contratto, senza contributi né assicurazione. La Guardia di Finanza ha scoperto la vasta rete illecita comminando mezzo milione di sanzioni amministrative per l’associazione e di 50 mila euro per i locali che hanno usufruito della somministrazione di lavoro irregolare. Denunciati anche 13 lavoratori che hanno continuato a percepire l’indennità di disoccupazione.
Gli atti d’indagine sono stati inviati in Procura. Dovrà valutare se ci sono reati penali in quel giro di lavoro nero tra bar, ristoranti ed eventi mondani scoperto dalla tenenza di Salò della Guardia di Finanza. Per ora le contestazioni sono di tipo amministrativo e rivolte all’associazione onlus — avviata nel 2017 a Brescia — che ufficialmente avrebbe dovuto occuparsi di corsi di formazione. Le promesse «formative» avevano attirato parecchie persone, soprattutto giovanissimi ma anche adulti disoccupati, in cerca di un impiego.
La onlus, pur non avendone titolo, si comportava come un’agenzia di lavoro interinale. Le Fiamme Gialle hanno identificato ben 250 soci-lavoratori che si «formavano» lavorando come camerieri o aiuto-cuoco. La Paga? Dieci, quindici euro all’ora. Tutto in nero, senza alcun contratto e senza contributi previdenziali o assicurativi. Svolgevano servizi in locali di Brescia, Milano, Bergamo, Cremona, Pavia, Verona, Vicenza, Bolzano, ma anche all’estero. In tutto 22 i bar e ristoranti che si avvalevano delle loro prestazioni stipulando contratti, a prezzi particolarmente bassi e fuori mercato, direttamente con la onlus, senza farsi carico di alcun onere per i lavoratori.
Tutto mascherato con una semplice ricevuta di prestazione. Il compenso di baristi e aiuto cuoco figurava ufficialmente come rimborso spese.
Questo quanto accertato nel corso delle indagini che hanno visto in campo anche Inps, Inail ed Ispettorato provinciale del lavoro. Gli inquirenti sono partiti da un controllo speditivo «che ha scoperchiato un vorticoso giro di lavoro nero», come ha spiegato il comandante provinciale della Guardia di Finanza, il colonnello Salvatore Russo. Un’attività che all’associazione è costata sanzioni amministrative per oltre 500 mila euro, per l’utilizzo di lavoratori in nero e l’illecita somministrazione di lavoro, con la contestazione dell’evasione del pagamento per più di 80 mila euro di contributi previdenziali, assistenziali e assicurativi, cui sono stati aggiunti anche 30 mila euro di sanzioni civili.
Conto salato anche per i locali che si sono visti comminare sanzioni per oltre 50 mila euro, oltre all’addebito della contribuzione non versata dall’associazione ( «il committente è chiamato a rispondere dei contributi non versati dall’appaltatore» ha ricordato il colonnello Russo). Alcuni locali hanno già cominciato a versare il dovuto. Ma l’indagine ha messo in evidenza anche un’evasione fiscale da parte dell’associazione, che non ha natura commerciale, su profitti per 300 mila euro, con un’indebita compensazione sulle somme dovute a titolo d’imposta e l’utilizzo di 20 mila euro di crediti inesistenti. Tra i lavoratori 13 sono stati denunciati per aver continuato a percepire l’indennità di disoccupazione e per non aver comunicato all’Inps l’avvio della nuova attività lavorativa.