Souad uccisa da un marito retrogrado
La notte della «resa dei conti». Una notte studiata nel dettaglio, pianificata, a conclusione di tante altre notti di terrore, anni di violenze fisiche, di botte, di calci e bastonate, di minacce e di abusi sessuali. Una notte di sangue a chiudere un cerchio iniziato con il matrimonio nel 2007 e la separazione nel 2016; anni vissuti nella paura per sé e per i due figlioletti.
Era la notte tra il 3 e il 4 giugno 2018. In quella notte Souad Alloumi è stata uccisa dall’ex marito nella piccola mansarda in via Milano dove viveva con i due bambini, dopo un periodo in una comunità protetta e la ricerca di un’indipendenza grazie a due lavori. Dopo essere stata uccisa è stata portata via in una valigia e gettata chissà dove. Il corpo della 28enne non è più stato ritrovato, l’ex marito Abdelmjid, 52 anni, è stato condannato il 6 dicembre scorso all’ergastolo con isolamento diurno per diciotto mesi per omicidio volontario premeditato e distruzione e soppressione di cadavere.
Il movente
Per i giudici della corte d’assise prima sezione penale, presidente Roberto Spanò — si legge nelle 53 pagine di motivazione della sentenza depositata in questi giorni — «El Biti covava profondi motivi di risentimento nei confronti di una donna che intendeva liberarsi dalla morsa tirannica ispirata da una sottocultura retrograda. Stava per avvicinarsi il momento della “resa dei conti” in quanto gli era stato richiesto il pagamento degli arretrati non versati per il mantenimento dei famigliari». Chiusa la pratica della separazione tra i coniugi El Biti avrebbe dovuto versare alla madre dei suoi figli 10 mila euro, l’obbligo «aveva costituito da parte dell’uomo un ulteriore motivo di acredine». Ad aggravare la situazione già molto tesa — la vittima aveva denunciato l’ex marito e non faceva mistero di temerlo— anche il fatto che Souad fosse «prossima ad ottenere la cittadinanza italiana, che le avrebbe consentito di affrancarsi ulteriormente dall’asservimento in cui era stata relegata in passato». Livore e rabbia erano incrementati anche dalla gelosia per le recenti frequentazioni: la notte prima di essere uccisa la ragazza era stata in compagnia di un amico (non è escluso che l’avesse vista dato che si appostava spesso vicino a casa). L’uomo ha continuato a sostenere l’allontanamento volontario della donna, una possibile fuga d’amore, ma «mai Souad avrebbe abbandonato i figli o interrotto volontariamente i rapporti con i famigliari svanendo nel nulla».
La premeditazione
Nei giorni precedenti al delitto El Biti aveva inviato all’ex moglie alcuni messaggi chiari (“Se non torni con me ti uccido, non ti lascio vivere... non posso permettersi di metterti con qualche altra persona”): 106 messaggi in 15 giorni. Ma non solo. Alcuni giorni prima aveva scritto il proprio numero di cellulare su un foglietto e lo aveva consegnato alla figlioletta dicendole di chiamarlo nel caso in cui la mamma si fosse improvvisamente allontanata. Cosa che la bambina farà la sera del 4 giugno, dopo aver vagato per tutta la giornata tra il cortile e la mansarda insieme al fratellino di tre anni. Il padre li raggiungerà solo la mattina successiva, dopo aver denunciato la scomparsa della moglie ai servizi sociali. Il piano dell’ex marito prevedeva anche come disfarsi del corpo: aveva portato la grossa valigia con le ruote che, non senza difficoltà, all 4.46 — immortalato dalle telecamere del bar Le Rose — trascinerà dall’androne fino all’auto, per poi vagare fino a Pralboimo (viene intercettata la sua auto da un sistema di videosorveglianza) e tornare a Seniga alle 11.03, quando riaccende anche il cellulare che fino a quel momento era rimasto spento. Oltre ad aver portato la valigia si era premurato anche di portare un cambio d’abiti. E il suo comportamento, secondo i giudici, è in netto contrasto con «uno stato d’ira occasionato da una lite»: era lucido, il piano era stato studiato alla perfezione.
Anni di violenza
In sostanza El Biti ha ucciso la moglie per impedirle di rifarsi una vita. Prima l’ha picchiata e minacciata per anni, poi l’ha uccisa. È lui a vedere per ultimo la donna. Souad poteva uscire senza essere ripresa dalla telecamera del bar (è stato appurato durante il sopralluogo della corte), ma non avrebbe potuto allontanarsi a piedi senza essere intercettata dalle telecamere che ci sono in via Milano. El Biti è l’ultimo a vederla e si trattiene nell’abitazione a lungo dopo aver riaccompagnato i bambini «compiendo una serie di azioni “a pendolo” in apparenza incomprensibili se non valutate nell’ottica dell’accusa». Poi trascina quella grossa borsa a suo dire piena di abiti e lenzuola da lavare, ma nè la borsa nè gli indumenti vengono ritrovati nella sua abitazione e la figlia precisa che «i panni non venivano mai lavati dal padre». E sulle braccia, quando viene fermato, aveva graffi e ecchimosi compatibili con «l’azione di una vittima che tenta di difendersi nel corso di manovre di strozzamento».
Ma su El Biti pesa più di qualsiasi altra cosa «l’amore tra genitori e figli che è un qualcosa di indissolubile»: per nessuna ragione al mondo Souad avrebbe abbandonato i suoi bambini.
"Amore materno Souad non avrebbe mai abbandonato i figli o volutamente interrotto i rapporti con i famigliari svanendo nel nulla
"L’omicida
El Biti covava risentimento nei confronti di una donna che voleva liberarsi dalla sua morsa tirannica