«Seimila chilometri di concentrazione»
Alex, l’africano. Per il secondo anno consecutivo, Alex Botturi (Yamaha) ha vinto l’Africa Eco Race dopo 6.050 chilometri complessivi di cui quasi 4.000 di prove speciali. Alex ha messo classe, passione e determinazione, ha affrontato con coraggio le tante insidie del deserto e ha aggiunto un’altra vittoria alla sua straordinaria carriera. Il lumezzanese ha superato, giorno dopo giorno, la paura del volo di fine settembre al Panafrica e ha sbaragliato l’agguerrita concorrenza. Il suo trionfo è anche quello di quanti (piccoli e grandi sponsor bresciani) hanno creduto e credono in questo progetto.
Se vincere non è facile, ripetersi è ancora più difficile. Quanto è grande la sua soddisfazione?
«Sono veramente contento. Ripetersi quando si hanno gli occhi puntati addosso è complicato. Sono partito bene, ma nella seconda tappa ero un po’ frenato; dal terzo giorno ho attaccato, ho cominciato a guidare la moto come volevo e a credere nel successo; poi ho sempre cercato di tenere il mio passo. Quest’anno in Mauritania ha soffiato tantissimo vento e le piste erano poco visibili: si abbassava la media e, quindi, facevamo otto ore in sella per completare 500 chilometri. In Marocco, invece, riuscivamo a chiudere sotto le cinque ore».
Non è facile mantenere la concentrazione per così tanto tempo…
«Devi evitare il più possibile il rischio di cadere o di rompere la moto. Quando si arriva al bivacco, bisogna subito concentrarsi sulla prova successiva senza tralasciare nulla: dalle barrette al gel, passando per la verifica delle temperature con la scelta dei vestiti e dei guanti. Non è tutto così scontato. In Marocco siamo arrivati sotto zero, in Mauritania, invece, abbiamo raggiunto i 36 gradi».
A chi dedica questo ennesimo trionfo?
«Avrei tanti nomi. Il primo è sicuramente Paulo Goncalves (vittima di un tragico incidente alla Dakar, ndr), che è stato mio compagno nel 2013. Quando ho saputo della sua morte, ho fatto fatica a continuare pensando a sua moglie e alla famiglia. Penso anche agli amici e a mia madre, scomparsa un anno e mezzo fa, che era la mia prima tifosa e sostenitrice: mi pesa molto non poterla chiamare per raccontarle l’andamento delle gare. La dedico ovviamente anche a mia moglie, ai miei figli, ai meccanici e a chi lavora attorno a questo progetto: realizzare l’Africa Race è, infatti, molto oneroso. Non posso non ringraziare le tante aziende bresciane che mi sostengono e mi supportano».