Anna Tifu: «La mia passione per Beethoven»
Tifu con l’orchestra del Maggio per l’apertura della stagione del Grande
Quando sei sul palco, non conta essere donna o uomo. Conta il talento. Ne è convinta la violinista Anna Tifu, tra le stelle del concertismo italiano di oggi, solista nel Concerto per violino e orchestra di Beethoven in programma al Teatro Grande domani sera.
La serata inaugurale della stagione del Massimo cittadino vedrà sul palco l’orchestra del Maggio Musicale Fiorentino diretta dal bresciano Riccardo Frizza, in un programma tutto beethoveniano, con l’esecuzione dell’ouverture Egmont e della Quinta Sinfonia
del Titano di Bonn.
Trentasei anni, padre rumeno e mamma sarda, Anna Tifu è un virtuoso incrocio di culture: bella, elegante (è stata anche testimonial di Alitalia), si presenta come una fotomodella, ma vanta un curriculum musicale di altissimo livello. Inizio degli studi a sei anni con il padre, primo concerto in pubblico a otto, debutto alla Scala a dodici, poi vittorie in importanti concorsi internazionali e l’incontro con Salvatore Accardo, suo maestro a Cremona.
Cosa significa essere una musicista donna in un mondo ancora a maggioranza maschile? Nel successo, conta l’aspetto fisico?
«Essere uomo o donna, gradevoli o meno di aspetto: sono cose che non dovrebbero avere influenza in questo mestiere, dove non si può imbrogliare. Quando sali sul palco devi dimostrare di avere talento e di essere all’altezza delle aspettative del pubblico. Sembra invece che, più sei bella, più devi dimostrare di essere una grande artista. D’altra parte, oggi ci sono tante violiniste molto belle e molto brave: penso a Julia Fischer o a Janine Jansen. Poi, devo dire che mi capita spesso una cosa strana...». Ovvero?
«In diverse occasioni, dopo miei concerti, mi è stato detto che suono come un uomo. Non so dire se si tratta di un complimento, forse ci si riferisce al temperamento, al tipo di suono... certo è che io cerco di fare del mio meglio».
Cosa ci può dire del Concerto di Beethoven che suonerà a Brescia?
«Anzitutto, sono davvero felice e onorata di suonare a Brescia: per me, si tratta di una triplice prima volta. Prima volta nel bellissimo Teatro Grande, prima volta insieme all’orchestra del Maggio Musicale Fiorentino e con la direzione di Riccardo Frizza. Il Concerto di Beethoven l’ho suonato tanto ed è forse quello che ho ascoltato di più da quando ero bambina, nelle interpretazioni di grandissimi come Uto Ughi o David Ojstrach. Avrei voluto suonarlo già a dieci o undici anni ma il mio maestro Salvatore Accardo mi disse che non avrei dovuto eseguirlo prima dei vent’anni. Aveva ragione: questo Concerto non è tra i più difficili tecnicamente ma richiede una certa maturità dal punto di vista interpretativo. Presenta altre difficoltà, ad esempio è molto delicato a livello di intonazione».
Come si approccia al brano che deve suonare?
«Sono molto intuitiva. Se si ascoltano le registrazioni del mio Beethoven di qualche anno fa, è differente da quello che faccio adesso. Quando un musicista va sul palco, la cosa più importante è trasmettere le proprie emozioni al pubblico: ogni volta che lo suono, è diverso, cerco di mettere qualcosa in più».
C’è un movimento che predilige?
«Il secondo è meraviglioso, mi vengono i brividi quando lo suono. Una delle cose più belle mai scritte per violino».
Brescia è la città di Antonio Bazzini, che fu celebre violinista, e di Arturo Benedetti Michelangeli.
«Bazzini non l’ho mai suonato, ma lo conosco bene e l’ho in programma per il futuro: la prima volta, l’ho ascoltato da Vengerov come bis. Di Michelangeli, che dire? Forse è il più grande pianista mai esistito: ho tanti amici pianisti ed è il loro mito».