Ubi Banca il 17 febbraio svelerà il nuovo piano Il nodo aggregazioni
Fissata l’asticella del rapporto tra crediti deteriorati e il totale dei crediti erogati all’8,2%, messa a regime nel triennio la banca unica con la fusione delle sette banche rete nella capogruppo e impressa quell’accelerazione richiesta dalla Bce sul taglio degli non performing loans, Ubi Banca si prepara a svelare il nuovo piano industriale. La data fissata per il via libera da parte del consiglio e la contestuale presentazione è il prossimo 17 febbraio. Una settimana dopo che il board, il 10 febbraio, avrà approvato il bilancio. Aperto il 2020 con un record di ordini (oltre 6 miliardi) per un subordinato da 400 milioni e raggiunto l’accordo sul ricambio generazionale con i sindacati, Ubi è chiamata a un nuovo sforzo con il mercato che si attende che sia protagonista di un ulteriore e necessario consolidamento del settore. Un destino legato al Banco Bpm che svelerà il nuovo piano i primi di marzo e che più di un osservatore vede come il naturale interlocutore per un matrimonio. Sul tema il consigliere delegato di Ubi ha le idee chiare: «Le fusioni non si improvvisano, servono analisi chiare perché la storia dimostra che non tutte le aggregazioni sono state di successo». Analisi che passano attraverso «l’approfondita valutazione di due elementi». Da una parte ci sono «i nuovi principi contabili internazionali» che «impongono di spesare interamente all’inizio i costi di fusione che riguardano soprattutto gli esuberi di personale». Dall’altra c’è «un’attenta valutazione dei modelli interni di rating delle banche coinvolte e l’impatto della loro armonizzazione sugli indici di capitalizzazione». In una recente analisi le banche d’affari americane hanno scommesso sull’apertura di una nuova stagione di risiko nel settore bancario che porti all’altare gli istituti di medie dimensioni, da Banco Bpm a Mps, da Ubi Banca a Bper. (mdb)