Corriere della Sera (Brescia)

Madiha protetta dalla famiglia

Il fratello: «Non riusciamo a capire i motivi di questa violenza»

- Di Nicole Orlando

«Non sappiamo il perché di questa violenza» dice il fratello di Madiha nella casa di Puegnago. Lei non vuole parlare con nessuno. Ieri sera non ha partecipat­o al presidio solidale svoltosi davanti al suo bar e ne ha rifiutato il ricavato.

Nella sua casa, nel residence di Puegnago dove Madhia vive con la famiglia, la protezione è massima. I Khtibari non vogliono parlare di quanto accaduto il Giorno della Memora. Solo il fratello racconta in poche parole l’effetto devastante del raid razzista al bar Casablanca di Rezzato. Manca poco all’ora di cena. In sottofondo si sentono le voci dei suoi bimbi: «Quelle scritte non sono certo cose belle da vedere, per una donna soprattutt­o. Non era mai successo niente del genere, non sappiamo perché sia accaduto. Vuole sapere se mia sorella riaprirà il bar? Questo non glielo so dire».

Madhia da ieri si è chiusa nel silenzio. Non risponde più al cellulare. Non vuole più raccontare quanto le è accaduto ai tanti giornalist­i che la stanno cercando, comprese le television­i nazionali. Non vuole nemmeno i soldi che sono stati raccolti ieri sera al presidio organizzat­o da Diritti per Tutti e Magazzino 47 davanti al suo bar. L’intento era quello di aiutarla a riparare i danni ma soprattutt­o dimostrarl­e solidariet­à. «Dateli a qualche immigrato che ha più bisogno di me» ha detto laconica la 36enne agli organizzat­ori, non presentand­osi nemmeno all’evento solidale. È troppo forte, dentro di lei, l’eco dei neri insulti sessisti e razzisti, scritti per sporcare d’odio la sua seconda casa, il locale che lei stessa ha raccontato di avere preso in gestione circa un anno fa e che nel nome — Casablanca — ricorda la terra d’origine della sua famiglia. Eppure lei è bresciana, come ha raccontato nelle interviste rilasciate prima di chiudersi nel silenzio. Madiha sta meditando seriamente di non tornare più dietro il bancone di via Garibaldi a Rezzato, dove — ha raccontato — rimaneva anche 16 ore al giorno. Più che minacce, secondo le testimonia­nze dei vicini, raccolte dal Corriere, nelle scorse settimane avrebbe ricevuto insulti pesantissi­mi e razzisti da un gruppo di ragazzi. Insulti che non avrebbe mai immaginato potessero tramutarsi nell’atto violento dell’altra notte.

Il bar chiuso, intanto, è diventato luogo di appuntamen­to dei giovani dei dintorni: «Su Instagram è diventato un posto famoso — dice un gruppo di sedicenni di Rezzato — noi non ci eravamo mai stati prima ma abbiamo deciso di venirlo a vedere. Le scritte ingiuriose «fanno effetto —commentano —. Un conto è vederle in fotografia e un altro trovarsele davanti».

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La titolare del bar Casablanca, Madiha Khtibari, 36 anni, nel suo locale
Solare La titolare del bar Casablanca, Madiha Khtibari, 36 anni, nel suo locale

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