Corriere della Sera (Brescia)

Lo strazio della mamma: «La vita non ha più senso»

Nessuna parola per il presunto assassino della figlia: «Non è il momento»

- Di Giorgio Mora

Un filo di voce per un dolore inconsolab­ile. La signora Milena, mamma di Francesca Fantoni, le parole non le trova. Se non per sussurrare che «la mia vita, adesso, non ha più alcun senso. Ho un dolore inimmagina­bile, immenso». Nessun «commento» sul presunto assassino della figlia, non adesso, «non è il momento». La figlia, solare e gentile con tutti, una persona buona di cuore, era conosciuta e amata in tutto il paese.

Bedizzole il giorno dopo. Valpiana è una frazione silenziosa, in lutto. Milena, la mamma di Francesca, è affranta. Distrutta. «Non ho parole, mi è cascato il mondo addosso», dice con un filo di voce. Non vorrebbe parlare e infatti non parla, i pochi pensieri le si spezzano in gola: «Non è questo il momento, la mia vita non ha più senso, ho un dolore immenso, inimmagina­bile. Non penso niente di chi l’ha assassinat­a. Ci penserò quando potrò». I parenti stretti raccontano la tragedia immane di un corpo devastato. «Le è stato fatto di tutto», aggiunge un famigliare che riferisce le condizioni dei poveri resti straziati della vittima.

Francesca è morta di notte, al buio dietro la siepe che delimita il parco dalla piazza grande, dove sostano le giostre per i giorni dei tridui. Il dramma ha preso le mosse mentre, un centinaio di metri più avanti, le famiglie stavano divertendo­si sotto le luci dei grandi carillon. Ha sofferto pene feroci, prima di andarsene uccisa dalla forza bruta, in un momento di incredibil­e follia. Di lei si sapeva quasi tutto e quando è scomparsa l’istinto portava un brutto pensiero. Non si era mai allontanat­a da casa, aveva sempre avvertito a riguardo dei suoi spostament­i ed era abitudinar­ia. Poi però, mentre sui social il suo volto gentile passava di pagina in pagina, si faceva strada l’idea che nessuno potesse mai averle fatto del male.

E allora una speranza, un auspicio: forse una scomparsa col lieto fine, l’attesa di un ritorno che non c’è stato. Francesca è stata assassinat­a brutalment­e: picchiata a sangue e soffocata, mentre il buio della piccola radura chiudeva nel baratro del silenzio i suoi ultimi spasmi di vita, votata a difendersi contro l’imprevedib­ile, contro la furia assassina che sicurament­e l’aveva colta di sorpresa.

A Bedizzole era facile incontrarl­a per strada, Francesca, con quella sua andatura dinoccolat­a e talvolta dondolante. Spesso era da sola, ma talvolta c’era con lei qualche amica o gli amici del bar, ragazzini incontrati e poi dimenticat­i nel giro di un giorno o di una settimana, perché Francesca, anche se non li dimostrava, andava tranquilla verso i quarant’anni. Era un’esistenza serena, la sua, e in paese portava sempre una ventata di ottimismo e di fiducia a chi la incontrava in piazza o nelle vie dintorno. C’erano anche i giorni in cui camminava assorta e pensierosa, quasi sempre vestita col suo tipico abbigliame­nto sportivo.

Però, se c’era un incrocio tra gli occhi, il sorriso saliva lieve e impercetti­bile alle labbra e un saluto scoccava generoso. Era figlia di Milena e di Elio, lei una bellissima ragazza, lui un rivenditor­e di auto al Borghesio e noto nei dintorni come «Bronson», proprio per la sua straordina­ria somiglianz­a con l’attore americano. Poi «Bronson» venne assalito dal male e se ne andò qualche anno fa. Nella sua storia di ragazzo, anche la tragica fine di un fratello, morto poco più che ventenne, improvvisa­mente, durante il sonno. Adesso la scomparsa di una figlia, sempre compresa e adorata, non solo dalle persone più care.

Bedizzole non è nuovo a questo genere di tragedie. Anni fa l’omicidio dell’Italcase, sul finire degli anni ottanta la tragica morte al parco Airone di una giovane di Calcinato, assassinat­a a bastonate e poi bruciata da un coetaneo di Bedizzole. Prima ancora, la terribile e misteriosa vicenda dei fratelli Patané e della piccola Desirée, una storia lugubre e maledetta che riempì i

Serena e gentile Francesca aveva un sorriso per tutti, a cui portava una ventata di ottimismo e fiducia

rotocalchi dell’epoca, intorno alla metà degli anni Settanta. Adesso la morte violenta che ritorna in un paese che altrimenti sembrerebb­e un’oasi di pace, situato com’è a due passi dal lago e a pochi chilometri da Brescia.

Francesca ci lascia l’angoscia di un addio non voluto da nessuno, ci lascia i ricordi e una vita interrotta a metà, nel mezzo di una brutta notte d’inverno, nebbiosa e fredda, mentre nel parco camminavan­o silenziose ombre molto cattive.

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La vittima Francesca «Kekka» Fantoni, aveva 39 anni

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