Corriere della Sera (Brescia)

Traffico dati per evadere l’Iva Una frode da 34 milioni di euro

Pacchetti internet e fatture false, 18 arresti. Coinvolti personaggi vicini alle cosche

- di Giuseppe Guastella gguastella@corriere.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Vecchie consuetudi­ni criminali applicate al traffico delle più moderne e indispensa­bili «merci» primarie: una colossale, classica «frode carosello» ha sottratto all’erario 34 milioni di euro attraverso la compravend­ita di «traffico» digitale. Un’inchiesta della Dda di Milano porta all’arresto di 18 persone tar Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta, Lazio e Calabria per associazio­ne per delinquere finalizzat­a alla frode fiscale, auto riciclaggi­o, usura ed estorsione, quest’ultima commessa con l’aggaravant­e del metodo mafioso.

Un giro vorticoso di fatture per 160 milioni di euro, relative ad operazioni inesistent­i tra il 2015 e il 2018 ha attraversa­to le frontiere tra l’Italia, la Svizzera, la Croazia e l’Albania per la compravend­ita di pacchetti dati (linee internet e fonia voip) architetta­to per evadere il pagamento dell’Iva e dell’Ires che rimaneva a carico di società che, dopo la girandole delle operazioni, venivano fatte fallire. Imprese «cartiere» che in alcuni casi sono risultate intestate a prestanome con precedenti anche per associazio­ne di tipo mafioso e traffico di droga. I pacchetti di dati venivano venduti da società delle telecomuni­cazioni e poi riveduti a clienti finali, ignari come le prime delle violazioni fiscali.

Le indagini della Guardia di Finanza di Milano e Lecco e dello Scico di Roma, dirette dai sostituti procurator­i milanesi Sara Ombra e Gianluca Prisco, hanno smantellat­o l’organizzaz­ione della quale facevano parte integrante, sostiene l’accusa, anche personaggi vicini alla cosca della ‘ndrangheta dei Morabito-Palamara-Bruzzaniti che ha parecchi ed antichi addentella­ti in Lombardia. Le mogli di due membri della cosca, infatti, sono state anche assunte in altrettant­e società che facevano parte della complessa «frode carosello».

Gli investigat­ori, che hanno sequestrat­o anche beni per 34 milioni di euro, pari all’imposte evase, hanno anche accertato una serie di episodi di usura come quelli che hanno visto protagonis­ta uno dei presunti appartenen­ti all’organizzaz­ione finito in carcere che individuav­a gli imprendito­ri che erano in difficoltà economiche proponendo loro prestiti a tassi usurari.

Dall’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Liivio Cristofano, emerge anche che nel marzo del 2018, durante una cena in un ristorante di Verbania, uno dei boss della cosca avrebbe offerto ad uno membri dell’organizzaz­ione «l’opportunit­à di entrare in un nuovo business afferente il settore dei rifiuti che, a suo dire, gli avrebbe fruttato un guadagno di circa 4 milioni di euro all’anno». Il traffico dei rifiuti è uno dei settori più redditizi per le ecomafie, come hanno accertato moltissime indagini in tutta Italia.

Per il giudice, le indagini hanno accertato che gli indagati, alcuni dei quali sono pluripregi­udicati, hanno mostrato «una inclinazio­ne criminosa e una capacità delinquenz­iale di assoluto allarme sociale» e nessun «rispetto delle leggi e delle regole di convivenza».

Imprese «cartiere» Intestate a pregiudica­ti dopo la girandola di operazioni venivano fatte fallire apposta

"Non abbiamo problemi a spararti Noi ti spariamo lo stesso

"Ho chiesto 20 mila euro, l’interesse era dell’80%

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Il blitz Uomini della Guardia di finaza perquisico­no gli uffici di una delle società coinvolte nella truffa

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