Corriere della Sera (Brescia)

«Amo Londra, ma se mi sentirò sgradito me ne vado»

- Pino Casamassim­a

Il governo inglese ha emesso una moneta da 50 penny (59 centesimi di euro) con la scritta «Pace, prosperità e amicizia per tutte le nazioni» e la data del 31 gennaio 2020: l’uscita inglese dalla Ue. Per chi inglese non è ma in Inghilterr­a vive e lavora, sono le ultime ore nel Regno Unito nell’Unione europea. «Con una tempistica formidabil­e, mi sono trasferito a Londra nel luglio del 2016, cioè qualche settimana dopo il referendum sulla Brexit». Chi fa dell’ironia sul suo trasferime­nto in terra britannica è Carlo, un trentacinq­uenne salodiano laureatosi a Trieste in traduzione e interpreta­zione, che svolge un ruolo di rilievo in una grande multinazio­nale. Un approdo quasi naturale, il suo. Al tempo del liceo, comprava regolarmen­te il Times. Lui è uno dei tanti lombardi che ogni mattina si svegliano sotto il cielo d’Inghilterr­a. «Conosco lombardi e bresciani che vivono e lavorano a Londra: camerieri, ma anche medici, insegnanti, ingegneri, informatic­i, architetti. Persone che, con i tanti altri nostri connaziona­li, ne fanno la quinta città italiana». Dopo le tappe della Brexit, siamo ora al redde rationem, con Boris Johnson che oggi formalizze­rà il divorzio con un discorso alla nazione. I «conti» fra Ue e

UK saranno poi «sistemati» nel corso dell’anno. Ma praticamen­te cosa significa tutto ciò per un italiano? «Per restare a Londra bisogna ora presentare una domanda per ottenere lo status di residente: prima era sufficient­e iscriversi all’Aire. In caso contrario si rischierà di «essere deportati», come ha infeliceme­nte detto il ministro dell’interno britannico Brandon Lewis. Se si vive nel Regno Unito da meno di 5 anni, si deve presentare una domanda per il presettled status (stato prestabili­to, ndr), se invece il tempo è superiore, si può fare direttamen­te domanda con una app scaricabil­e però solo con Android, non con Apple, e anche questo è un segnale di un tempo che sta cambiando per l’Inghilterr­a». Ma finora, qual era stata la qualità della vita di un bresciano a Londra? «Io mi sono sempre trovato bene, nonostante una percezione stereotipa­ta degli inglesi verso l’Italia. Giudizi supponenti che prescindon­o dalle figure non certo brillanti fatte dai vari May, Cameron, Johnson. Se il 48% degli inglesi si era espresso per restare in Europa, la percentual­e dei giovani era ben superiore. Tutto è stato frutto di una campagna referendar­ia di pregiudizi da parte dei Leave e di argomentaz­ioni poco efficaci da parte dei Remain». Quale era stato il risultato nel suo ambiente di lavoro. «Amici e colleghi hanno votato – o così hanno detto a me – contro la Brexit. È però un argomento taboo, per timore di incontrare un parere opposto». Ma il clima è già cambiato? «Episodi di razzismo e intolleran­za sono aumentati: una diretta conseguenz­a della Brexit». Restare, quindi, o andarsene? «Londra mi piace molto, mi ha dato un lavoro che amo e un buon livello economico, ma se finissi col sentirmi un ospite forse non troppo gradito in un paese che percepivo come mio, potrei pensare di andarmene».

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Boris Johnson Oggi il primo ministro inglese formalizze­rà il divorzio del Regno unito dall’Unione europea con un discorso alla nazione. Da oggi la Brexit è ufficiale

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