Saleri (Omb): l’idrogeno per crescere
Saleri e la sua «fabbrica collaborativa»
Lui la definisce una «fabbrica collaborativa». Paride Saleri, che ha fondato quarant’anni fa l’Omb di via Rose di Sotto, mantiene uno spirito imprenditoriale lumezzanese (insieme all’accento) ma ha un piglio manageriale di stampo giapponese. Perché nella sua azienda, che produce valvole e iniettori per il gas e l’autotrazione, sono i principi del miglioramento continuo, il kaizen, e della distruzione delle gerarchie decisionali a dettare la linea. Una linea toyotista che guarda all’innovazione, dato che oggi parte del business è orientato alla produzione di componenti per le fuel cell, i motori a idrogeno che potrebbero divenire l’alternativa sostenibile alle trazioni tradizionali.
"Strategie Abbiamo smantellato il modello piramidale e gerarchico condividendo gli obiettivi aziendali a tutti i livelli decisionali
Paride Saleri, lei guida l’azienda che ha fondato nel 1980 e che produce valvole e iniettori per il gas e l’autotrazione. Pur venendo da Lumezzane, il suo curriculum non è esattamente quello tipico dell’imprenditore valgobbino: ha iniziato con l’insegnamento, è sempre stato di sinistra. Che tipo di capitalista è?
«Un bravo capitalista, direi. Nel senso che io non lavoro per la massimizzazione del profitto ma per creare un benessere che sia il più duraturo e allargato possibile. Non confondiamo però il risultato finale con l’ideologia, io non sono un pauperista. Ho col denaro un approccio razionale».
La sua azienda è alle porte sud della città, l’avete rinnovata pochi anni fa e ora state ampliandovi. Cosa le rimane di Lumezzane?
«L’imprinting. La voglia di lavorare, vedere il lavoro come un valore. Io a far valvole mi appassiono».
180 dipendenti, 50 milioni di fatturato, un Ebitda del 12%. Cosa sarà la sua Omb dopo di lei? Ci pensa mai al passaggio generazionale?
«Certo che ci penso, eccome. E sicuramente l’Omb Saleri non diverrà un’azienda famigliare. I miei figli hanno preso strade diverse e sono già stati individuati tre manager che riceveranno le deleghe per la governance. La continuità aziendale, che è l’obiettivo vero del fare impresa, deve essere garantita dal management».
Se l’Omb non è un’azienda famigliare, come la definirebbe? «Una fabbrica partecipativa».
Spieghi meglio...
«Abbiamo creato un’organizzazione interna che supera le gerarchie. È stato abbandonato il tradizionale modello piramidale in cui le decisioni e il controllo discendono dai vertici fino alla base a uno che noi definiamo a grappolo, fatto di aree d’intersezione e di comunicazione trasversale. In questo modo le responsabilità vengono condivise, così anche le decisioni strategiche. Si chiama attivazione».
E i risultati sono quantificabili?
«Il risultato è il miglioramento continuo, sia della produttività che del benessere sul posto di lavoro. Non è buonismo, è toyotismo».
C’è chi sostiene che il toyotismo sprema le persone. Almeno così succede in Giappone.
Saleri va alla libreria e estrae un volume: è La macchina che ha cambiato il mondo di James Womack.
«Womack ha teorizzato che il modello della lean production sperimentato negli anni Settanta alla Toyota può essere replicato anche nel mondo occidentale, in diversi settori e in differenti classi dimensionali. Ed è quello che stiamo facendo, ad esempio con le settimane kaizen che coinvolgono gruppi di lavoro interdisciplinari e che hanno l’obiettivo di individuare le inefficienze e di sviluppare dal basso nuove soluzioni. Funziona, basta applicarlo. È scienza, non buonismo».
A proposito di scienza, la Quarta rivoluzione industriale ha portato il digitale in azienda. Per voi cosa significa Industria 4.0?
«Non credo siamo all’alba della Quarta rivoluzione, stiamo più semplicemente vivendo la coda della Terza, quella dell’elettronica applicata alla meccanica. Industria 4.0 ha più che altro portato nelle aziende il timore, nei profili meno specializzati, di perdere il lavoro. Per questo abbiamo creato un’academy interna che ha l’obiettivo di assicurare a tutti una formazione continua. Nessuno verrà lasciato indietro: è la prima responsabilità del management».
La tecnologia sta però cambiando le nostre fabbriche...
«Certamente, e anche i nostri prodotti. Ad esempio nell’autotrazione, dove l’idrogeno si sta accreditando come una soluzione alternativa e sostenibile ai motori termici e noi stiamo sviluppando soluzioni in questo senso con i grandi gruppi automobilistici, in primis Toyota, che apprezza il nostro lavoro».
"Prodotti Toyota sta investendo molto nella tecnologia di trazione basata sull’idrogeno e noi siamo diventati fornitori