In un ombrello dimenticato la poesia surreale di Matticchio
Ossessionato da Edward Hopper e Bob Dylan, riservato in modo quasi patologico e ambiguo per autodefinizione, ha disegnato le sue allucinazioni — femmine imbronciate e spettinate, bestiari e uomini in soprabito — su brandelli di giornale, carta da pacco e fogli A4. Ma tra i feticci del disegnatore compulsivo Franco Matticchio (Varese, 1957) c’è anche un ombrello nero: sfoggiato da orsi, elefanti o gentiluomini, ricorre spesso come comparsa di scena — un oggetto quasi dimenticato e silente — o in situazioni stranianti e magrittiane — appoggiato a un canestro, a una nuvola o alla parete di una sala cinematografica —. Franco Matticchio — Ho dimenticato l’ombrello, la mostra allestita alla Galleria dell’incisione (in città, fino all’8 marzo), espone tutta la collezione dell’illustratore, fumettista e pittore. Nelle trenta tavole originali tratte dall’omonimo libro (edito da Vanvere Edizioni lo scorso novembre), infuso di un senso ambiguo, il feticcio appare in scene irriverenti — appoggiato su un tavolo da biliardo, dentro una vasca da bagno, in orbita nello spazio oppure tra le mani e le zampe degli uomini in soprabito e dei classici animali matticchiani. Con le opere di Matticchio — sul suo curriculum non c’è bisogno di sprecare molte righe: oltre al Corriere della Sera, ha disegnato per il New Yorker e riviste come Internaziona le — sono esposte gli olii ispirati dalla pioggia e le dieci tavole originali di Piove sul bagnato — Dieci idilli umidi, piccoli capolavori usciti dalla fantasia di Gigi Fasser (Brescia 1934 1999) nel 1996 e raccolte in una cartella da Grafo Edizioni.(a.tr.)