Nidi e materne private a rischio collasso «Siamo chiusi ma paghiamo gli stipendi»
Genitori ricorrono a babysitter, i responsabili temono richieste di rimborsi
Nido chiuso per una settimana, anzi due. Causa ordinanza regionale per contenere il contagio da coronavirus, le scuole restano chiuse e i bambini restano a casa. Un provvedimento logico dal punto di vista della sanità collettiva ma che si traduce per molti in un danno economico. I genitori lavoratori corrono ai ripari: nonni, parenti, vicini di casa, ma soprattutto babysitter. Un costo che va ad aggiungersi a quello del nido che comunque verrà pagato anche se il servizio è sospeso. Causa di forza maggiore, a cui tutti si adeguano, ma contano i danni. Stesso problema per materne e primarie private.
In questa prima settimana di sospensione, poche le richieste di rimborso, tante quelle di informazioni. E tante le telefonate a vuoto, con centralini che non rispondono, perché l’ordinanza ha imposto il tutti-a-casa, con conseguente blocco di tutte le attività, anche amministrative. Ma se la chiusura dovesse continuare? «Nessuno per ora ci ha chiamato per sapere se le lezioni saranno rimborsate e penso che richieste non ce ne saranno — ci dicono dalla Little England — in questi giorni la principale preoccupazione dei genitori è che i bambini non si ammalino». Ma se il fermo delle lezioni dovesse andare avanti, qualche genitore potrebbe avanzare pretese. «Ci atteniamo ai protocolli, ma non ci siamo mai fermati. Sin dai primi giorni di sospensione, per primaria di primo e secondo grado, i nostri insegnanti hanno inviato lezioni, materiali e compiti agli alunni». Una strategia a cui sono subito ricorse molte scuole private. Per la primaria dell’istituto Arici, durante la settimana appena trascorsa le lezioni sarebbero state comunque sospese per vacanze già stabilite nel calendario scolastico, ma per il liceo si è posto problema dell’interruzione della didattica, ovviato con compiti e lezioni predisposti dagli insegnanti e inviati agli studenti.
Resta da capire se i genitori chiederanno rimborsi oppure no in caso di proroga del provvedimento, soprattutto dove la didattica a distanza è impossibile. «Noi dei nidi privati siamo molto preoccupati — conferma Sara Maccarinelli dell’Artinido di via Papa in città —. Abbiamo chiuso e abbiamo avvisato i genitori, che avranno dovuto organizzarsi diversamente, pagando babysitter. Ma noi continuiamo a pagare gli stipendi. Che il nido sia aperto o chiuso, le spesse ci sono comunque. Se la chiusura forzata dovesse continuare, senza entrate noi non potremmo sostenere la spesa. L’unica speranza — prosegue — è che queste settimane di stipendio siano coperte da cassa integrazione».