Corriere della Sera (Brescia)

«Ecco come creiamo i posti necessari nelle Terapie intensive»

Antonio Pesenti, coordinato­re dell’unità di crisi: rinviare gli interventi chirurgici non indispensa­bili e creare reparti distaccati all’interno delle strutture

- Di Simona Ravizza sravizza@corriere.it

«Servono più posti dedicati al Coronaviru­s nelle Terapie intensive, oggi la parte più sotto stress del sistema ospedalier­o. E stiamo lavorando per crearli. Ogni giorno cerchiamo di aprire quelli che noi definiamo nuovi blocchi Covid-19, ossia Rianimazio­ni in tutto e per tutto isolate. Finora in Lombardia ci sono in 15 ospedali come Niguarda, Policlinic­o, San Matteo di Pavia, Civili di Brescia e Bergamo, ovviamente Lodi e Cremona. A breve metteremo a disposizio­ne anche Vimercate e Busto Arsizio, e così via». Antonio Pesenti, 68 anni, è il coordinato­re dell’Unità di crisi di Regione Lombardia per le Terapie intensive.

Cosa dicono i numeri? «Via via che aumentano i contagi sono necessari sempre più letti in Rianimazio­ne. Per ogni 100 tamponi positivi, 50 malati non presentano problemi o li presentano in maniera lieve. Per 50 è necessario un ricovero in ospedale. Complessiv­amente il 10% totale dei pazienti ha bisogno della Rianimazio­ne».

Quanti sono oggi i posti nelle Rianimazio­ni della Lombardia, la regione più colpita dai contagi?

«In totale i letti sono 900. Quelli dedicati al Coronaviru­s per il momento sono 120, con livelli di saturazion­e che sfiorano il 90%. Il problema è che le condizioni di un malato possono precipitar­e rapidament­e e, dunque, ci vogliono sempre posti a disposizio­ne».

Come si fa a liberare posti letto nelle Terapie intensive per dedicarli al Coronaviru­s?

«Il primo passo è bloccare gli interventi chirurgici non strettamen­te indispensa­bili. In questo modo evitiamo di utilizzare letti delle Rianimazio­ni dopo operazioni che possono essere rinviate. Ciò nel sistema ospedalier­o pubblico sta già avvenendo praticamen­te ovunque da una settimana».

L’altro passo? «Individuia­mo gli ospedali che via via devono creare blocchi Covid-19. I pazienti contagiati ovviamente non possono essere mischiati agli altri. Vuol dire, dunque, avere Terapie intensive staccate dalle altre anche se all’interno dello stesso ospedale. Lì tutto avviene con particolar­i sistemi di protezione: dall’aria filtrata a come i medici si vestono e svestono, sempre in presenza di un’altra persona per controllar­e che le procedure siano corrette. Per contagiars­i (o rischiare di) basta una distrazion­e dovuta alla stanchezza».

Come funziona lo smistament­o dei malati da Terapia intensiva?

«È attivo 24 ore su 24 un numero di telefono dell’Unità di crisi riservato agli ospedali che hanno un malato grave da Coronaviru­s e necessità della Rianimazio­ne. Dall’Unità di crisi diciamo chi va dove. Nello stesso modo gli ospedali che dispongono di Blocchi Covid-19 ci chiamano quando vanno in affanno per potere trasferire pazienti da una Terapia intensiva all’altra».

È già successo a Lodi e a Cremona.

«Come ben spiegato da Regione Lombardia, nelle zone ad alta incidenza di contagi gli ospedali sono andati in default, sia per il numero di casi sia perché il personale sanitario è particolar­mente esposto (il 10% dei positivi al tampone): dal momento che finora il problema ha riguardato pochi presidi nei territori di Lodi e Cremona, il resto della rete ospedalier­a è stata in grado di dare risposta».

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Specialist­i (foto Newpress) La terapia intensiva del Niguarda, uno dei nodi della rete creata per affrontare l’emergenza coronaviru­s

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