Medici di base si lavora così
Il dottor Rossi di Leno: «Visite a casa fonte di contagio»
Contatti con i pazienti ridotti all’osso per evitare che i sanitari si trasformino in incolpevoli veicoli del contagio. I medici di base si attrezzano. A Leno lo fanno con i farmacisti.
«I pazienti sono un po’ calati, ma gestiamo molte telefonate. Si avverte la paura del virus ed è comprensibile. Qui a Leno comunque stiamo lavorando – spiega Angelo Rossi, medico di famiglia – vediamo anche pazienti di un collega che è a casa in quarantena. Non appartiene al nostro studio associato, ma lo sostituiamo». Ci sono ambulatori del territorio dove i camici bianchi non si tirano indietro. Lo stesso Angelo Rossi, che ha visitato un paziente a domicilio e poi l’ha fatto ricoverare perché positivo al coronavirus, ora lavora «con mascherina e doppi guanti». I sanitari dell’Ats gli hanno fatto il tampone, perciò ora anche lui attende l’esito. Ma continua a ricevere malati perché potrebbe anche non aver contratto il virus. «È la prassi – spiega –, indosso tutti i dispositivi di sicurezza che servono per non contagiare nessuno». E in effetti anche in ospedale il personale medico e infermieristico, che è a contatto con i «positivi» al coronavirus, continua a operare. Ma nel frattempo l’attività non può fermarsi. I cronici, ad esempio, hanno sempre bisogno delle loro pastiglie. E lo studio associato di Leno, dove Rossi lavora, ha trovato un accordo con i farmacisti della cittadina.
«Dato che era impossibile mandare ai farmacisti, via WhatsApp, il numero ad otto cifre delle ricette e vista la scarsa diffusione di quella sorta di ricetta “dematerializzata”
costituita dall’app SalUtile, che consente di stampare da casa un’impegnativa con lo smartphone, stampiamo noi le ricette, così – racconta – evitiamo che lo studio di affolli. A fine giornata, con il consenso dei pazienti, il farmacista viene a ritirarle». Saranno poi i cittadini a prelevare i medicinali in farmacia. Nel frattempo, sono aumentati anche i casi dell’influenza stagionale. I sintomi sono sifebbre mili e a volte non è semplice distinguerli. L’accortezza è evitare, dove possibile, le visite domiciliari. «Noi medici non dobbiamo essere veicoli il contagio. Perciò, quello che possiamo gestire per telefono lo facciamo così. Altrimenti in studio. Nei casi gravi – dice – facciamo intervenire il 112». A Leno, insomma, il triage telefonico funziona: come da protocollo, i pazienti che accusano tosse o qualche linea di devono prima chiamare il medico di famiglia (o telefonare all’800.89.45.45). In caso di sintomi lievi, il mutuato può anche essere visitato. «Se sono febbricitanti, è comunque meglio che il paziente resti a casa per qualche giorno. Si vede l’evoluzione: l’80% delle malattie respiratorie passa in 3-4 giorni. Se invece riferisce dispnea o difficoltà a respirare, si chiama il 112». Negli ambulatori del Centro san Luca di Leno l’attività della medicina di base continua, ma a volte è difficile far capire che è sbagliato affollare i locali. «Noi gli spieghiamo che non devono entrare più di tre persone, ma c’è chi si arrabbia».
Le regole regionali sono chiare: mantenere le distanze e lavarsi le mani. E gli over65 devono avere poca vita sociale, in questo frangente. «In quest’emergenza abbiamo messo a disposizione i nostri numeri di cellulare» dice Rossi. Al contrario di alcuni colleghi della provincia che al telefono non rispondono. E in ambulatorio non fanno venire nessuno. «Mi auguro siano pochi casi. Non ci si può tirare indietro in un momento così. Siamo in emergenza – dice -. E c’è un codice deontologico da rispettare».