Sindaci a disagio: «Ci devono dare i dati aggiornati su tutti i contagi»
Fino a venerdì Ats informava i primi cittadini ora la comunicazione è affidata solo alla Regione
«In un’ottica collaborativa tra enti sarebbe più che opportuno avere ogni giorno un report aggiornato di tutti i contagi, Comune per Comune. Per noi sindaci sarebbe uno strumento in più per svolgere al meglio il nostro ruolo e rassicurare anche la popolazione». A parlare è Gabriele Zanni, presidente dell’Associazione Comuni Bresciani nonché primo cittadino di Palazzolo sull’Oglio.
Il tema toccato da Zanni è maledettamente serio. Ieri mattina diversi sindaci della provincia — soprattutto della Bassa occidentale — sono venuti a sapere dei casi di contagio nei loro Comuni dai giornali. La reazione è stata comprensibile: diversi di loro hanno
● Fino alla scorsa settimana Ats comunicava ai sindaci il numero (limitato) dei casi e relativi nomi ma ora la comunicazione è gestita dalla Regione. I primi cittadini ieri sono venuti a conoscenza del numero di positivi al coronavirus leggendo i giornali iniziato a chiamare Prefettura ed Ats per avere informazioni specifiche ma si sono sentiti rispondere che il numero ufficiale dei positivi al coronavirus e la conseguente comunicazione è gestita dalla direzione regionale Sanità di Regione Lombardia. Sono informati costantemente dalla Prefettura — che ha istituito anche un gruppo Whatsapp — sull’interpretazione del decreto governativo e sulle importanti misure preventive da adottare e da far rispettare. Ma il numero dei contagiati non viene fornito.
Non era così fino alla settimana scorsa, quando il numero dei contagi in provincia era ancora limitato ad una decina di casi (schizzati ieri a 83 ed oggi ad oltre cento). La conferma arriva dallo stesso Zanni: il direttore generale di Ats Brescia, Claudio Sileo, si era preso la briga di telefonare personalmente ai sindaci dei paesi dove si erano verificati i primi contagi fornendo loro anche le generalità dei pazienti. Generalità che devono essere mantenute segrete, per non violare il rispetto della privacy ma che davano la possibilità ai primi cittadini di controllare anche se i contagiati — ed i loro famigliari — rispettassero la quarantena, restando in casa per quattordici giorni. Dall’altro ieri però la crescita esponenziale dei contagiati e la decisione della Regione di accentrare ogni forma di comunicazione ha rotto questo importante canale comunicativo.
Eppure i sindaci si trovano in una condizione di effettivo disagio. In quanto responsabili della sanità pubblica delle loro comunità vengono interpellati (in certi casi martellati) dai cittadini che vogliono sapere il nome dei «positivi». È successo anche a Carlo Plodari, sindaco di Longhena, il più piccolo paese della Bassa (ha solo 580 abitanti). Nel suo Comune le autorità sanitarie hanno acclarato la presenza di un contagiato ma lui è venuto a saperlo dai giornali ieri mattina, non da canali istituzionali che nemmeno ieri hanno fornito quel dato. Segretarie comunali, sindaco e consiglie
ri sono stati raggiunti da diverse telefonate allarmate: la comunità è molto piccola, le occasioni di contagio maggiori, dicono i residenti. «Ma è una follia fornire il nome del contagiato; scadremmo in un delirio collettivo ingestibile, in una vera e propria caccia all’untore» spiega in modo chiaro la dottoressa Donatella Albini, consigliere comunale in Loggia e delegata del sindaco Del Bono per le questioni sanitarie. Sia chiaro: né il sindaco di Longhena, né il presidente dell’Associazione Comuni pretendono di sapere il nome dei positivi al Covid-19: «Nel momento in cui vengono individuate le persone noi potremmo eventualmente verificare il rispetto dell’ordinanza — spiega Zanni — ma è vero che quel cittadino sarebbe poi additato come l’untore di turno, con potenziali conseguenze di emarginazione sociale anche quando passata l’emergenza sanitaria». Già. Il contagiato sarebbe per sempre bollato come colui che ha avuto il coronavirus.
Ma una cosa sono i nomi. Un’altra il numero complessivo dei contagi. Sapere che le persone positive al coronavirus sono undici, come a Orzinuovi (anche se non c’è un nuovo focolaio), può permettere agli amministratori di adottare misure straordinarie. Anche se in realtà per tutta la provincia di Brescia valgono le regole contenute nel decreto governativo emesso domenica e in vigore fino a domenica 8 marzo: le lezioni nelle scuole di ogni ordine e grado sono sospese (gli istituti però sono aperti ed il personale non docente è al lavoro); in tutti i luoghi chiusi vige la misura preventiva del metro di distanza da mantenere tra persona e persona. È così nei bar e nei ristoranti — dove gli avventori devono consumare la loro ordinazione seduti — ed è così anche in tutti i negozi, la cui capienza massima (rispetto a quanto contenuto nella licenza) è ridotta di due terzi: in un negozio di 60 metri quadri sono fruibili solo 20 metri quadri, quindi il numero massimo di clienti presenti contemporaneamente è di venti. Piscine, palestre e strutture sportive sono chiuse al pubblico e aperte solo per gli allenamenti degli atleti professionisti con più di 12 anni. Le chiese potrebbero restare aperte con ingressi contingentati ma i vescovi lombardi hanno deciso di sospendere le funzioni fino a domenica. Nessuna restrizione invece per i mercati all’aperto. Sono chiusi teatri e cinema ma sono aperti musei, mostre e biblioteche (solo per i prestiti, non ci si può fermare a studiare). Inoltre sono vietati incontri e riunioni pubbliche. Regole che vanno abbinate alle norme di prevenzione sanitaria: lavarsi frequentemente le mani, evitare il contatto con persone affette da infezioni respiratorie, non toccarsi bocca, naso e occhi, coprirsi bocca e naso quando si starnutisce, disinfettare le superfici domestiche con cloro e alcol. Regole che la Prefettura ha provveduto a distribuire in sette lingue (inglese, francese, spagnolo, cinese, rumeno, arabo, urdu). «Le istituzioni, a partire dalla Prefettura e Ats, stanno facendo il possibile per gestire questo momento complicato — chiude Zanni — ma auspico un supplemento di informazione per i Comuni. Anche in altre situazioni noi sindaci abbiamo molte responsabilità ma spesso non gli strumenti adeguati per gestirle». Altro tema caldo, che i sindaci affronteranno con Ats, è il nodo dei medici di base: in questi giorni sono presi d’assalto ma ci sono segnalazioni di cittadini che riferiscono di non essere stati visitati.
Gabriele Zanni
Non vogliamo avere il nome dei contagiati ma un report quotidiano con il numero dei positivi Donatella Albini È una follia rendere noti i nomi dei contagiati: porterebbe un’ingestibile caccia agli «untori»