Assalto a Green Hill Assoluzione per gli attivisti
Otto gli arresti della Guardia di Finanza di Milano: coinvolta funzionaria del Comune di Castel Mella
Dipendente pubblica Per il gip avrebbe autenticato le firme sulle false cessioni del credito imbastite
"
Il giudice Si sono associati allo scopo di commettere distrazioni postfallimentari e truffe
Sono riusciti a intascarsi milioni che avrebbero dovuto finire nelle casse dello Stato, ingannando quella stessa giustizia che adesso ha presentato loro il conto. In otto sono finiti in manette per truffa, su disposizione del gip Alessandra Clemente: raggiro che stando all’inchiesta coordinata dai pm Donata Costa e Nicola Rossato sarebbe maturato anche grazie a una «talpa» al Tribunale Fallimentare di Milano. Per anni, tra il 2012 e il 2018, gli stessi giudici sarebbero stati vittime di un inganno che ha sfruttato un buco normativo sulla sorte dei crediti non reclamati nelle procedure di amministrazione straordinaria dai creditori «irreperibili» da parte di un’associazione per delinquere formata anche da un ex cancelliere, alcuni curatori fallimentari, e amministratori di società. I quali si sarebbero letteralmente sostituiti ai creditori — irreperibili o deceduti — grazie a una serie di false attestazioni.
Nell’inchiesta sono finiti anche quattro bresciani: in carcere Carlo Zizlioli, 76 anni tra pochi giorni, nato a Capriano del Colle e di casa a Castel Mella; ai domiciliari Luciano Pedretti, 67 anni, nato a Calcinato ma residente a Castenedolo e Rosaria Scaratti, 58, funzionario pubblico nel
Comune di Castel Mella, dove vive. Obbligo di dimora invece per Antonio Pallante, 64, originario di Potenza ma residente a Brescia. Insieme a Ortensia Mottin, Giovanni Rizzo (loro due sono in cella), Francesco Morreale, ex cancelliere,
e Emmalisa Broccolati (ai domiciliari) scrive il giudice, «si sono associati allo scopo di commettere più distrazioni post-fallimentari e truffe, sostituendosi ai creditori non reperibili o morti, mediante la predisposizione di false cessioni di credito e relativi atti ricognitivi, presentati ai tribunali civili, assumendo quindi la qualifica di creditori» nelle procedure in cui c’era dell’attivo da ripartire. Procurandosi un ingiusto profitto stimato in circa due milioni di euro. E ai danni del
Fondo unico Giustizia dello Stato, nei casi in cui di creditori veri (spesso ignari dei rispettivi diritti) non ce n’erano. Rizzo, Mottin e il 75enne — delegato peraltro a operare su un conto in filiale a Desenzano intestato a una società di diritto lussemburghese nei quali conti italiani ed esteri «confluivano i profitti delle truffe perpetrate» — vengono definiti da chi indaga «promotori e organizzatori» del sistema, in qualità di amministratori di fatto delle società usate per commettere i reati: interposte nell’acquisto del credito, per poi cederlo ad altre imprese amministrate dalle teste di legno (Pallante e Pedretti). Rosaria Scaratti, funzionaria comunale, dal canto suo si sarebbe «prestata a autenticare le firme apposte sulle false cessioni di credito e sugli altri documenti necessari per sostenere le istanze presentate alle sezioni fallimentari dei tribunali». I falsi contratti venivano fatti risalire fino agli anni novanta, per simulare diritti creditori in questo o quel fallimento. Ingentissimi gli importi: 583 mila euro (la creditrice vera è deceduta nel 2002), 239 mila, addirittura 876 mila (a scapito dei creditori reali), 416 mila.
In tutto sono finiti sotto sequestro (preventivo) oltre 583 mila euro, ritenuti parte del bottino del malaffare. Il gip contesta a vario titolo una serie di reati fallimentari — in particolare la distrazione di beni — la truffa e il falso in atto pubblico. Gli indagati ricevevano una serie di «dritte» giudiziarie sugli obiettivi da puntare dai funzionari disonesti, salvo poi preparare le false cessioni del credito a loro favore e dirottare i tesoretti sui conti di società gestite di fatto dalle teste di legno, anche oltreoceano.
"
Le società prendevano il credito e poi lo vendevano ad altre società guidate da una serie di prestanome