Scaroni, ciclista in quarantena negli Emirati
Non è risultato positivo, ma è costretto a restare confinato nella stanza dell’hotel
Sono ormai sette i giorni di permanenza forzata dentro l’albergo di Abu Dhabi per tre squadre che hanno partecipato all’ultimo UAE Tour, la corsa a tappe di ciclismo interrotta giovedì scorso per l’allarme coronavirus. Tra i corridori bloccati c’è anche il bresciano Christian Scaroni, originario di Botticino e militante nel team russo ma con base a Lonato Gazprom-RusVelo, che nonostante sia risultato negativo a tutti i test effettuati è ancora costretto a rimanere confinato in camera o al massimo al proprio pianerottolo senza sapere quando potrà tornare in Italia.
Scaroni, innanzitutto come sta e quali sono le sue sensazioni riguardo a questa situazione che ormai si protrae da 7 giorni?
«Sto bene fisicamente anche se la situazione inizia a diventare pesante. Stare tutto il giorno nella propria stanza senza poter uscire dall’albergo a prendere una boccata d’aria è sempre più stressante».
A quanti esami è stato sottoposto fino adesso?
«Ho effettuato due tamponi e ad entrambi sono risultato negativo».
E il resto della sua squadra?
«Corridori e staff hanno effettuato tutti due tamponi tranne il mio compagno di stanza Imerio Cima (bresciano anche lui, ndr) e un nostro meccanico che sono stati portati all’ospedale per fare un terzo tampone poiché nel secondo test non era stato raccolto muco a sufficienza per avere un verdetto certo. Sono ancora in attesa dei risultati».
Lei risulta negativo al test però è ancora confinato ad Abu Dhabi, come mai questa situazione?
«Prima di eseguire il secondo test ricordo bene le parole dei sanitari. Ci dissero che se i test fossero stati tutti negativi saremmo stati liberi di andare a casa. E invece non è stato così, nonostante il giorno dopo ci abbiano comunicato che eravamo tutti negativi».
Mi sembra di intuire che la situazione sia alquanto confusa…
«Le notizie che arrivano sono sempre contrastanti. Ci dicono di fare le valigie poi, una volta pronte, ci rispediscono in camera».
Come sta procedendo la vita in albergo?
«La situazione è migliorata rispetto ai giorni scorsi quando il cibo era pessimo e avevamo il corridoio pieno d’immondizia. Adesso, dopo le lamentele di un direttore sportivo, le cose sono decisamente migliorate anche se la pulizia delle camere non avviene dal giorno in cui siamo arrivati: il personale dell’albergo si rifiuta di farle».
Non potendo uscire dall’albergo non siete neppure in grado di allenarvi. Quali potrebbero essere le ripercussioni di questa inattività sulla vostra stagione?
«Rischiamo di rovinarla. Siamo al settimo giorno senza bici ed è probabile che per tornare ad alti livelli bisognerà se non ripartire da 0, fare almeno un mese e mezzo di allenamento».
Cosa fa per mantenersi il più possibile in forma?
«Fino a ieri, tanti esercizi a corpo libero poi i tecnici sono riusciti a recuperare bici e rulli e a portarcele in camera!»
Lei è un corridore giovane, di appena 22 anni e penso sia difficile anche per i suoi familiari sopportare una condizione del genere. Parla spesso con loro?
«Sì, costantemente. Iniziano ad essere preoccupati, soprattutto per il fatto che non so quanto ancora dovrò rimanere qua. Cerco di rassicurarli nonostante tutto ma io stesso vivo nell’attesa di notizie dall’esterno».