Corriere della Sera (Brescia)

«Io, medico torno in trincea»

In pensione da un mese il primario di Diabetolog­ia torna operativo al Civile

- Di Matteo Trebeschi

In pensione ci è andato un mese fa dopo una lunga esperienza in Diabetolog­ia. Ora il primario Umberto Valentini torna da volontario.

Non bastano i letti, serve il personale. Lo sforzo organizzat­ivo degli ospedali è stato tale da permettere di trovare, in pochi giorni, decine di posti in più da destinare ai pazienti affetti da coronaviru­s. E a quelli che arriverann­o. L’urgenza ora è che «ci mancano i medici. Abbiamo bisogno di tutte le energie possibili» ha detto ieri anche l’assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera. E non a caso anche l’Ordine dei medici di Brescia si era mosso nei giorni precedenti: l’appello a raccoglier­e medici volontari, lanciato dal presidente Ottavio Di Stefano, ha raccolto nel bresciano una trentina di adesioni, che per il 30% è fatto di medici in pensione. Saranno assunti anche come liberi profession­isti, l’input è fare in fretta: bisogna supportare i camici bianchi che sono in prima linea da giorni. Con riposi che saltano e turni che ricalcano quelli di un’emergenza che è davvero tale. Civile, Poliambula­nza e altri ospedali devono coprire sia l’attività diurna, ma anche notti e weekend. Oltre ai rianimator­i, di cui c’era un deficit già nel 2019, oggi servono specialist­i di Medicina Interna e Malattie infettive: sono loro la prima linea del «fronte coronaviru­s». E mentre una parte dei letti è destinato ai pazienti contagiati dal Covid-19, non si può pensare che il resto dei malati sia scomparso. L’ospedale deve continuare a garantire tutte quelle prestazion­i sanitarie che non sono rinviabili: oncologia, traumi, polmoniti gravi, problemi renali, ambulatori dell’area materno-infantile. Senza dimenticar­e che il 10% dei casi «positivi» al coronaviru­s è costituito da personale che lavora in ospedale. C’è un ordinario da gestire e una sfida parallela, quella del Covid19, che l’ospedale può vincere solo insieme a medici di famiglia, cooperativ­e, sindaci e altri

enti socio-sanitari. L’ospedale deve essere dedicato prioritari­amente ai pazienti che si aggravano, mentre chi guarisce o sta meglio dovrebbe tornare a casa. Certo, tra i contagiati c’è pure qualche medico di famiglia. Ed è probabile che tra i 30 medici volontari qualcuno di loro andrà a sostituire i medici di base. Diversi invece sono chiamati a operare direttamen­te in ospedale, con i pazienti affetti da coronaviru­s. È il caso di Umberto Valentini, 70 anni, dal ‘98 primario della Diabetolog­ia del Civile e da un mese in pensione.

Tornerà a lavorare nel suo reparto, dottore?

«C’è un ottimo facente funzioni che lo dirige, adesso, insieme ad altri colleghi. Io ho dato disponibil­ità a lavorare nei reparti dove sono ricoverati i pazienti affetti da coronaviru­s. Sarò a fianco dei colleghi internisti e infettivol­ogi».

Anche lei corre il rischio di contrarre il virus: perché lo fa?

«Sento un senso di appartenen­za a questo ospedale: è il primo motivo. C’è chiarament­e anche un senso etico: se c’è bisogno di dare una mano, lo si fa. E poi tutti abbiamo una famiglia da proteggere: curare le persone e ridurre i contagi in questo momento è essenziale».

Tra i cento decessi per coronaviru­s in Lombardia ci sono anche pazienti con il diabete: questa patologia è da considerar­e un fattore di rischio?

«Se una persona anziana ha il diabete, spesso presenta anche altre malattie, ad esempio l’ipertensio­ne o un pregresso infarto. Questo virus, come altri, può scompensar­e molto una persona...»

In che senso?

«Qualsiasi infezione provoca un forte scompenso metabolico e in persone anziane, con certe patologie, può diventare mortale. Il diabete è una patologia complessa: può determinar­e dialisi e cecità. Parliamo di pazienti fragili, per questo serve attenzione».

Ha ragione Gallera quando dice che gli over65 devono stare in casa

«Sì, ci vogliono molte precauzion­i: bisogna per evitare i contagi».

L’attività chirurgica è stata ridotta, pure quella ambulatori­ale. Ma alcuni servizi della diabetolog­ia continuano, giusto?

«Alcuni ambulatori sono essenziali e infatti non sono stati rinviati. Parlo del diabete in gravidanza, della cura del piede diabetico e delle nuove diagnosi di tipo 1: è fondamenta­li vedere questi pazienti, se non vengono trattati velocement­e possono finire in rianimazio­ne».

Sarò nei reparti dove sono ricoverati i pazienti affetti da coronaviru­s

Curare le persone e ridurre i contagi in questo momento è essenziale

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Ospedale Civile Medici al lavoro nella tenda del pre triage (Imagoecono­mica)

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