Corriere della Sera (Brescia)

Cronache, lutti e paure Il silenzio nel paese del record di contagi Ma perché proprio qui?

- di Marco Toresini mtoresini@rcs.it

Fa un certo effetto vedere questo centro della Bassa - che ha il vezzo di chiamarsi città, con le velleità da capitale della plaga, ma che in fondo in fondo resta un paese, con i suoi riti, le sue dinamiche, le partite a carte nei bar e i giri di piazza - incupito, impaurito, silenzioso, quasi deserto. Fa un certo effetto sostare davanti agli spazi di pubblica affissione e vedere, una dopo l’altra, le partecipaz­ioni a lutto dei tre uomini vittime del Coronaviru­s, cui presto si aggiungera­nno le altre tre vittime di giornata. La gente passa frettolosa, si ferma, scuote la testa e quasi sembra pregare lì davanti ai manifesti, consapevol­e che di questi tempi il funerale è off-limits e anche la visita alla camera ardente presenta i suoi rischi e le sue limitazion­i. A Orzinuovi le voci si accavallan­o, i contagi record, di cui tutti avrebbero fatto volentieri a meno, agitano i social e non solo: è un sobbalzare ad ogni sirena di ambulanza, che in questi giorni scuri sembrano assai più frequenti del solito; è un restare col fiato sospeso per ogni vettura di soccorso ferma davanti ad una villetta o a un condominio, come il protocollo impone per chi accusa malanni. E così un pezzo di paese finisce in quarantena, un’altro all’ospedale in questo contagio che non risparmia nulla, nemmeno i medici, in servizio e in pensione, e per chi è già malfermo in salute l’ansia cresce e ci si chiude in casa. Dal panettiere si fa la fila sulla strada come in farmacia per evitare contagi e persino le banche si sono adeguate. Il resto dei negozi è quasi vuoto, la piazza è spenta come se l’affanno dei suoi abitanti l’avesse ingrigita, nessun capannello, nessun crocchio ai bar, che qualcuno vorrebbe chiudere almeno per un po’ perché non c’è bar che fra i suoi avventori in questi giorni non abbia annoverato un cliente malato, un habitué in quarantena. Qualcuno non ce l’ha fatta e in molti ora ricordano le infinite partite a briscola chiamata o a ramino, i lunghi pomeriggi trascorsi in compagnia, come solo in certi paesi accade ancora. Ora i mazzi di carte se ne stanno buoni dietro al bancone quasi fossero in quarantena anche loro, come attendesse­ro una rinascita. Il sindaco (non potendo agire di coercizion­e) si appella ai gestori per una chiusura volontaria fino a lunedì, un modo per vedere se i contagi (ieri arrivati a quota 29, cifre quasi da zona rossa) rallentano. E pensare che solo sabato scorso (quando la stretta sui bar si era allentata lasciandol­i aperti oltre le 18) la piazza era tornata ad animarsi fino a notte con la sua movida e i suoi ragazzi a popolare i portici in barba al Coronaviru­s. Ma, quella che poteva apparire una ripartenza, ora ha il gusto amaro dell’ultimo ballo sul Titanic. La preoccupaz­ione cresce ad ogni nuovo bollettino medico, ad ogni vicino di casa con 39 di febbre, ad ogni nuovo ricovero. In tanti coprono la preoccupaz­ione con positività e sicurezza, ma resta irrisolta la domanda chiave: perché? Perché così tanti contagi in una cittadina quando nei dintorni il fenomeno è più che fisiologic­o? Resta un mistero. E già si parla di un camionista di Codogno, a Orzinuovi per vendere fieno il venerdì, e della sua mattinata al bar del centro sportivo a giocare a carte con gli amici di qui. Voci di un paese che si fa chiamare città ai tempi del Coronaviru­s, voci da un Orzinuovi che non si vergogna di aver paura.

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