Quell’amianto mai smaltito Gli indagati ora sono quattro
Il caso tra Castelli Calepio e Palazzolo
Salgono a quattro le persone indagate per la mancata rimozione delle coperture in amianto misto a cemento sui due capannoni della Fratus snc (in liquidazione) che sorgono a Quintano di Castelli Calepio. E che ieri sono finiti sotto sequestro. Le fibre, volatili, raggiungono anche Palazzolo. Per disastro ambientale colposo e ora anche per omessa bonifica sono indagati padre e figlia di Palazzolo titolari dell’omonima azienda, ma anche la responsabile del settore ambiente del Comune di Castelli Calepio e, nelle ultime ore, pure il sindaco. Ieri il blitz del Noe in municipio su disposizione della Procura.
Sono arrivati in tarda mattinata e ci sono rimasti per ore, salvo poi ripartire in direzione Brescia, solo pochi chilometri oltre la linea di confine provinciale, dopo aver caricato «i faldoni» in auto. Castelli Calepio (Bergamo), municipio: a varcare la soglia sono i carabinieri del Noe e il sostituto procuratore Antonio Bassolino, titolare del fascicolo (di competenza distrettuale) sul presunto disastro ambientale che si starebbe consumando da tempo tra Castelli calepio e Palazzolo. L’inchiesta si allarga. E anche le accuse. Perché — e a denunciarlo da anni sono decine di cittadini che vivono in zona, oltre ad alcuni rappresentanti istituzionali bresciani e bergamaschi — è sufficiente una folata di vento (figuriamoci in incendio, dicono, come peraltro è successo lo scorso autunno) affinché il problema si ripresenti.
La potenziale bomba ecologica sorge proprio lì, al confine, nella frazione di Quintano di Castelli Calepio: sono i capannoni, ormai dismessi, della Fratus snc — commerciava prodotti per l’edilizia, è in liquidazione dal 2012 — con i tetti ricoperti di amianto e cemento, le cui fibre si disperdono fino alle case. Fino a Palazzolo. Su disposizione della procura, ieri mattina due capannoni sono finiti sotto sequestro. Così come in Comune, di nuovo, in Comune sono stati acquisiti ulteriori documenti relativi ai procedimenti sulla bonifica o la messa in sicurezza dell’area. Sotto la lente degli acquirenti nelle scorse settimane era già finita anche la corrispondenza tra privati e pubblica amministrazione, per la precisione con l’ufficio tecnico competente per la partita in questione. Le persone iscritte nel registro degli indagati, adesso, salgono a quattro. E rispondono tutti non solo di disastro ambientale colposo, ma anche di omessa bonifica e rifiuto di atti d’ufficio. Si tratta dei vertici della Fratus
— Luigi e Patrizia, padre e figlia omonimi, di Palazzolo, per loro si esclude la contestazione relativa agli atti d’ufficio — della responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Castelli Calepio, Lucia Andriola (fino a ieri rispondeva solo di omessa bonifica del sito, che si estende per circa cinquemila metri quadrati), che avrebbe «temporeggiato» ritardando le procedure e le risposte ai cittadini che chiedevano un intervento tempestivo al Comune. Ma nelle ultime ore è stato indagato anche il sindaco di Castelli Calepio,
Giovanni Benini. Proprio lui che, meno di un mese fa, dichiarò che il Comune di sarebbe assunto l’impegno di procedere con la bonifica rimuovendo l’eternit dai capannoni, nonostante non si tratti di un intervento facile (nemmeno sotto il profilo legale), proprio per far fronte alle continue proteste da parte non solo dei suoi cittadini, ma anche di quelli che abitano a Palazzolo. In realtà ci avevano già provato due sindaci, a firmare ordinanze per la rimozione delle coperture incriminate con incapsulamento: Fabio Bizzini, nel 2013, e lo stesso Benini. L’ultima l’ha emesse il 4 settembre scorso, ed è scaduta novanta giorni dopo senza alcun risultato. Nel mezzo, l’incendio in uno dei due capannoni da ieri sotto sequestro. E le continue lamentele dei residenti: in 41 — compreso il consigliere comunale di Palazzolo, Alessandro Mingardi — hanno firmato l’esposto più recente, inviato poco più di un mese fa non solo alle istituzioni, ma anche alla magistratura, in cui manifestano «viva preoccupazione» per quell’amianto che «presenta degrado immediatamente contestabile» sia a seguito del rogo che dopo le trombe d’aria che nei mesi scorsi «hanno sollevato e disperso diversi pezzi di materiale», sottolineando quindi «l’assoluta urgenza di intervenire». La procura non è stata a guardare. E l’inchiesta si potrebbe ulteriormente allargare.
Sotto sequestro Sigilli a due capannoni Fratus, in Comune a Castelli Calepio il Noe acquisisce i documenti