Scartate le altre due ipotesi: la Rsa Vittoria ed i cappuccini di via Milano La «S. Camillo» individuata per il centro convalescenti
Si stringe il cerchio intorno alla struttura sanitaria «tampone» necessaria — qualora il picco dei contagiati dovesse crescere come previsto — ad ospitare decine di pazienti convalescenti o «paucisintomatici» (ovvero con sintomi lievi). L’obiettivo è liberare posti letto degli ospedali bresciani, vicini al collasso. «La decisione spetta alla Regione ed alla Protezione Civile» ribadisce il viceprefetto Beaumont Bortone che ribadisce: «Ad oggi nulla sia stato ancora deciso». Ma la Loggia si sta portando avanti, avanzando il nome di una serie di edifici «papabili». Il cerchio ieri si è stretto intorno alla casa di cura San Camillo: la trattativa è in corso e l’ordine delle Camilliane ha messo a disposizione diversi posti letto.
Una benedizione per le autorità sanitarie e civili, perché l’ospedale militare Baggio di Milano, dove ieri sarebbe stato ricoverato il primo paziente bresciano, è troppo lontano. E visti i tanti casi la sua disponibilità sarà presto terminata. La ricerca di una struttura sanitaria da trasformare a luogo di convalescenza è affidata a Donatella Albini, consigliera comunale di Sinistra a Brescia e delegata del sindaco alle questioni sanitarie. L’ex ospedale Sant’Orsola di via Vittorio Emanuele II, sarebbe stata la scelta ottimale. L’edificio ex Fatebenefratelli è vuoto dal 2012, anno nel quale è stato acquistato dalla Fondazione Poliambulanza (ovvero dalle Ancelle della Carità) e da allora è in attesa di un rilancio residenziale commerciale che tarda ad arrivare. «È stato fatto un sopralluogo e purtroppo le camere presentano uno stato di degrado tale da non poter essere utilizzate in tempi brevissimi» spiega Albini. Vuota da molti più anni è Casa Moro di via Crispi (di proprietà della diocesi che da tempo sta tentando di alienarla): tra sanificazione, lavori di restauro e ripristino di luce, acqua, gas, servirebbero diversi mesi. E allora non resta che concentrarsi su una struttura fruibile immediatamente. Scartato l’ex ospedalino dei bambini al Ronchettino la prima scelta ricade sulla casa di cura San Camillo di via Turati (è privata e di proprietà delle Camilliane). Al suo interno c’è un paziente positivo al coronavirus, imprevisto che potrebbe essere superato con la sua dimissione o trasferimento in un altro nosocomio. La trattativa in corso serve anche a superare le ritrosie dei dipendenti. «Una volta che si arriverà ad una situazione di emergenza l’unica discriminante nella scelta di una struttura di supporto sarà la sua idoneità» assicura Bortone. Come dire: la casa di cura potrebbe benissimo essere «commissariata» per causa di forza maggiore, logicamente dietro un ristorno economico adeguato, pattuito con lo Stato. Ma non si arriverà a questo punto. L’accordo è vicino. Il San Camillo conta quasi 120 posti letto di cui 21 nel reparto di Riabilitazione Geriatrica, altri 20 nella Riabilitazione Specialistica e 18 in medicina generale. Insomma, la sessantina di posti di cui sono in certa le autorità sanitarie e civili bresciane.
Passano quindi in second piano le altre opzioni sul tavolo della Prefettura. La prima è Residenza Vittoria, la modernissima casa di riposo di via Calatafimi che appartiene al gruppo francese Korian. Struttura che però fa sapere di «non essere stata ancora contattata da alcun ente». Inoltre i posti disponibili non sarebbero molti: su 33 appartamenti «sono davvero pochi quelli liberi» fa sapere il direttore gestionale Paolo Schiavini. Impensabile quindi che si scelga una struttura che ha personale infermieristico e para-infermieristico (condizione privilegiata) ma che ha meno di dieci posti a disposizione. A dir la verità c’è un’ultima opzione: il convento dei frati cappuccini di via Milano, che è in attesa di essere trasformato in casa di riposo. Più che la condizione delle stanze non gioca a suo favore la mancanza di personale medico ed infermieristico, che in questa fase è essenziale.