«21.23», i mocassini di Sara che sfidano il made in China
Bindoni ha 25 anni: «Difficile essere ascoltati quando si è così giovani»
Sara Bindoni, nel settore della moda artigianale da tre anni, a soli 25 è riuscita a dimostrare come sia possibile nonostante la crisi e le mille difficoltà quotidiane portare avanti il business di famiglia prendendo le redini dell’azienda del padre.
In questo caso la creatività esiste, e vince tutte le crisi economico- finanziarie anche in tempi difficili come quelli attuali. «Quando andavo dai colleghi e dagli artigiani e spiegavo loro la mia idea e quello che sarebbe stato il prodotto da realizzare — racconta — mi guardavano senza darmi fiducia, le maggiori difficoltà che incontravo soprattutto i primi anni riguardavano la diffidenza delle persone, dei miei artigiani che non mi prendevano sul serio vedendomi giovane, pensavano fossi una ragazzina e che non potessi creare e ottenere ciò che volevo, ovviamente ho dimostrato loro il contrario».
La credibilità si guadagna passo dopo passo: questo è quello che Chiara Bindoni col tempo ha dimostrato convincendo i suoi collaboratori delle qualità del suo prodotto e, nonostante le resistenze inziali, ha ideato un proprio brand e una sua azienda di calzature di moda producendo rigorosamente modelli
made by hand. «Era quello che volevo fin dall’inizio e quindi mi sono impegnata fin da subito, la perdita di mio padre mi ha maggiormente motivata, mi ha legata alla passione per la produzione artigianale, le calzature da ballo e l’eccellenza in questo settore. Così ho capito che cosa poteva fare davvero la differenza ed è nata 21.23 — spiega la giovane designer e imprenditrice — la mia azienda di mocassini».
Il primo modello Chiara lo ha realizzato in onore del padre che aveva creato questa tipologia di calzatura per il ballo. «Vedendole ho pensato che mi sarebbe piaciuto indossarle, così ho provato a farne un paio, me ne sono innamorata e ho deciso di proporla anche agli altri».
L’ispirazione ha portato così alla creazione di un nuovo concept e a un modello di tendenza, poi la parte della realizzazione del prodotto ha fatto il resto e Chiara in questo ci ha messo tutta la creatività tipica delle nuove generazioni. «Al giorno d’oggi reinventare un modello è veramente un’impresa, mi sono dovuta guadagnare la stima e la fiducia dei commercianti e dimostrare loro che produrre tutto in italia è possibile, una scelta non facile ma d’altronde quando la produzione è prevalentemente made in China che altro possiamo fare per creare qualcosa di diverso e non copiato da altri? — si chiede la giovane imprenditrice — Così ho deciso di puntare
sulla diversità, sulla qualità e sul prodotto italiano d’eccellenza. L’idea è che sia qualcosa di diverso dal solito, di nicchia e ricercato». Oggi che il Made in China si trova ad affrontare momenti complicati sia dal punto di vista produttivo che commerciale, reinventarsi un nuovo prodotto come ha fatto Chiara e ritornare a scoprire la propria passione e creatività interiore si è rivelato una scelta vincente.
«Trovo sia poco utile puntare su prodotti che si trovano comunemente sul mercato: per questo ho deciso di puntare sulla diversità e per ora ho avuto riscontri positivi. Ci vuole pazienza, determinazione e soprattutto non bisogna farsi scoraggiare perché tante volte non è facile, ma ciò che conta è non mollare e andare avanti a denti stretti» chiude Sara.