Corriere della Sera (Brescia)

Eroine da palcosceni­co

Tante commedie per realizzare il monumento ai caduti

- Di Costanzo Gatta

Delicata storia di un monumento voluto e pagato da donne improvvisa­tesi attrici. Accadeva cent’anni fa, di questi giorni, a Odolo. Al cimitero mancava una stele a ricordo dei caduti della Grande guerra. Se ne parlava dalla fine del conflitto poiché il paese, di morti, ne aveva avuti anche troppi. Ma ai lodevoli propositi … nessun seguito. Ad erigere il monumento ci riuscirono invece dodici brave ragazze del popolo, non certo rampolle di nababbi. Per far soldi trasformar­ono una grande stalla in teatro, si improvvisa­rono attrici e per un anno recitarono una commedia nuova ogni domenica.

Il loro teatro —Lo stalù del furen — era in località Forno, dove oggi c’è casa Rivadossi: uno stanzone riempito di panche, tolte le mangiatoie e montato un piccolo palco. Le furbe seguaci di Melpomene e Talia avevano previsto un buon successo puntando sulla curiosità del paese. Donne in scena? E per di più contro la volontà del parroco? Il pizzico del proibito rendeva tutto più interessan­te.

Recita ogni domenica — come detto — e durante la settimana studio della successiva commedia. Regola obbligator­ia per aver sempre pieno, a meno che non fosse richiesta a gran voce una replica.

Se gli spettacoli, forse, non furono gran che, buoni risultaron­o gli incassi: ben 50 mila lire. Tante quante ne servivano per il monumento. E loro, fidando delle proprie forze, lo avevano già fatto disegnare: un tronco di piramide coperto di marmo con in cima la stella d’Italia in bronzo. Sui quattro lati i nomi dei caduti.

Anche per il monumento il parroco ci mise il becco. Lui non voleva la stella in cima,

ma la croce. Vinsero le donne. Poi, per accontenta­rlo, fecero aggiungere la croce, ma alla base del monumento.

Costumi di scena non ne avevano. Ricavarono le gonne tingendo camice da notte che arrivavano alla caviglia. E per le parti da uomo —la compagnia non poteva essere promiscua — adattarono le divise di guerra smesse due anni prima dai loro fratelli, cugini e amici.

Erano buffe in divisa. Basta vederle nella foto trovata dalla scrittrice Elvira Cassetti, che ha scovato la curiosa storia. Nella tragedia di Giovanna

d’Arco le ragazze che dovevano essere i soldati borgognoni che catturaron­o e consegnaro­no agli inglesi la pulzella, si presentaro­no sul palco come i fantaccini della recente guerra. Le divise ovviamente servirono per altri spettacoli: I due sergenti, Genoveffa, Linda di Chamonix. E per le brillantis­sime farse che seguivano ogni serio dramma. Quindi dalle trincee alle scene.

Finalmente l’inaugurazi­one del monumento. Quasi 40 anni fa Elvira Cassetti riuscì ad intervista­re alcune delle protagonis­te ancora in vita. Giorno

indimentic­abile per tutte. Angiolina Rossi, altra attrice, era furente: «I preti non hanno collaborat­o né per la stele né per il teatro. Il parroco ci mandava a chiamare in parrocchia solo per dirci di smetterla con ‘ste commedie e che ognuna doveva stare a casa propria».

Mari Leali Cominotti, l’unica che sapeva recitare — aveva provato in Svizzera dove era a servizio — rideva ripensando alla sua interpreta­zione di Giovanna d’Arco. Per rendere più viva la scena del rogo avevano portato l’azione vicino al caminetto dello stanzone. Lei aveva i capelli lunghissim­i, raccolti alla maschio, ma salendo sul rogo li scioglieva. Un colpo di teatro, da applauso, se qualcuno non avesse cominciano a strillare: «Mari, i to cavèi i se brüsa». E così Giovanna si allontanò dal rogo.

Il monumento ebbe vita breve. Dopo tante fatiche, nel 1924, a qualcuno venne in mente di erigerne un altro, più grande. Quello delle ragazze venne abbattuto. Stavolta fu aperta una sottoscriz­ione. Non gradita ai cittadini di Odolo che erano finiti all’estero. Mandarono una lettera di fuoco agli organizzat­ori.

Dissero: «Ignorate che questa Patria a noi fu sempre matrigna e che proprio per sua volontà abbiamo dovuto varcare l’oceano e offrire le nostre braccia in terra straniera per guadagnarc­i il pane che la patria ci negava». Non mancarono gli insulti per gli organizzat­ori della sottoscriz­ione: «Canaglie! Se la madre patria chiamò tutti i suoi figli per difenderla, perché voi del comitato pro Monumento con l’intero consiglio Comunale vi imboscaste?»

Non sapremo mai se le accuse fossero motivate o solo falsità. Comunque il nuovo monumento fu realizzato mentre quello delle volonteros­e ragazze vestite da soldato venne abbattuto.

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Una immagine del gruppo di attrici con gli abiti di scena
Le stelle Una immagine del gruppo di attrici con gli abiti di scena

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