Eroine da palcoscenico
Tante commedie per realizzare il monumento ai caduti
Delicata storia di un monumento voluto e pagato da donne improvvisatesi attrici. Accadeva cent’anni fa, di questi giorni, a Odolo. Al cimitero mancava una stele a ricordo dei caduti della Grande guerra. Se ne parlava dalla fine del conflitto poiché il paese, di morti, ne aveva avuti anche troppi. Ma ai lodevoli propositi … nessun seguito. Ad erigere il monumento ci riuscirono invece dodici brave ragazze del popolo, non certo rampolle di nababbi. Per far soldi trasformarono una grande stalla in teatro, si improvvisarono attrici e per un anno recitarono una commedia nuova ogni domenica.
Il loro teatro —Lo stalù del furen — era in località Forno, dove oggi c’è casa Rivadossi: uno stanzone riempito di panche, tolte le mangiatoie e montato un piccolo palco. Le furbe seguaci di Melpomene e Talia avevano previsto un buon successo puntando sulla curiosità del paese. Donne in scena? E per di più contro la volontà del parroco? Il pizzico del proibito rendeva tutto più interessante.
Recita ogni domenica — come detto — e durante la settimana studio della successiva commedia. Regola obbligatoria per aver sempre pieno, a meno che non fosse richiesta a gran voce una replica.
Se gli spettacoli, forse, non furono gran che, buoni risultarono gli incassi: ben 50 mila lire. Tante quante ne servivano per il monumento. E loro, fidando delle proprie forze, lo avevano già fatto disegnare: un tronco di piramide coperto di marmo con in cima la stella d’Italia in bronzo. Sui quattro lati i nomi dei caduti.
Anche per il monumento il parroco ci mise il becco. Lui non voleva la stella in cima,
ma la croce. Vinsero le donne. Poi, per accontentarlo, fecero aggiungere la croce, ma alla base del monumento.
Costumi di scena non ne avevano. Ricavarono le gonne tingendo camice da notte che arrivavano alla caviglia. E per le parti da uomo —la compagnia non poteva essere promiscua — adattarono le divise di guerra smesse due anni prima dai loro fratelli, cugini e amici.
Erano buffe in divisa. Basta vederle nella foto trovata dalla scrittrice Elvira Cassetti, che ha scovato la curiosa storia. Nella tragedia di Giovanna
d’Arco le ragazze che dovevano essere i soldati borgognoni che catturarono e consegnarono agli inglesi la pulzella, si presentarono sul palco come i fantaccini della recente guerra. Le divise ovviamente servirono per altri spettacoli: I due sergenti, Genoveffa, Linda di Chamonix. E per le brillantissime farse che seguivano ogni serio dramma. Quindi dalle trincee alle scene.
Finalmente l’inaugurazione del monumento. Quasi 40 anni fa Elvira Cassetti riuscì ad intervistare alcune delle protagoniste ancora in vita. Giorno
indimenticabile per tutte. Angiolina Rossi, altra attrice, era furente: «I preti non hanno collaborato né per la stele né per il teatro. Il parroco ci mandava a chiamare in parrocchia solo per dirci di smetterla con ‘ste commedie e che ognuna doveva stare a casa propria».
Mari Leali Cominotti, l’unica che sapeva recitare — aveva provato in Svizzera dove era a servizio — rideva ripensando alla sua interpretazione di Giovanna d’Arco. Per rendere più viva la scena del rogo avevano portato l’azione vicino al caminetto dello stanzone. Lei aveva i capelli lunghissimi, raccolti alla maschio, ma salendo sul rogo li scioglieva. Un colpo di teatro, da applauso, se qualcuno non avesse cominciano a strillare: «Mari, i to cavèi i se brüsa». E così Giovanna si allontanò dal rogo.
Il monumento ebbe vita breve. Dopo tante fatiche, nel 1924, a qualcuno venne in mente di erigerne un altro, più grande. Quello delle ragazze venne abbattuto. Stavolta fu aperta una sottoscrizione. Non gradita ai cittadini di Odolo che erano finiti all’estero. Mandarono una lettera di fuoco agli organizzatori.
Dissero: «Ignorate che questa Patria a noi fu sempre matrigna e che proprio per sua volontà abbiamo dovuto varcare l’oceano e offrire le nostre braccia in terra straniera per guadagnarci il pane che la patria ci negava». Non mancarono gli insulti per gli organizzatori della sottoscrizione: «Canaglie! Se la madre patria chiamò tutti i suoi figli per difenderla, perché voi del comitato pro Monumento con l’intero consiglio Comunale vi imboscaste?»
Non sapremo mai se le accuse fossero motivate o solo falsità. Comunque il nuovo monumento fu realizzato mentre quello delle volonterose ragazze vestite da soldato venne abbattuto.