Un lunedì post moderno e il dovere di restare a casa
Sono giorni in cui il privilegio della normalità lo puoi trovare solo nella fantasia, pensavo guardando il cielo di Modena, in attesa che passasse l’aereo partito da Bologna e diretto a nord con a bordo Pier Vittorio Tondelli. Il suo naso schiacciato sull’oblò, come a pagina 78 di Un Weekend postmoderno, pronto a scoprire Mòdna riconoscendola poco per volta dalla struttura circolare, dall’inconfondibile torre della Ghirlandina. Il ricordo di anni trascorsi ma non troppo distanti, le ragazze in sella alle tradizionali bici, negli anni 80 tantissime nella città emiliana come solo ad Amsterdam, che nel motteggio popolare tendevano a dare alle natiche quella particolare floridità tipica del sedere della donna emiliana. Ma l’aereo non passava, restavo solo con la mia fantasia, mentre intorno esseri umani con la mascherina si specchiavano estetici nelle vetrine, per controllare quanto stessero bene. Abbassavo lo sguardo, cercando di verificare con Mario la storia delle biciclette (era molto interessato, forse infortunato). Confermava:
- Abbiamo fatto molto bene a venire qui a Modena, non per giocare questa partita assurda, inutile consolazione circense per far divertire qualcuno, ma per far rivivere l’opera tondelliana, in particolar modo questa vicenda del motteggio popolare riferito alle natiche delle… - Mario!
Per dare meno nell’occhio, abbiamo noleggiato pure noi delle biciclette, e ci siamo messi a osservare le curiose e per certi versi eccitanti forme altrui: la curvatura dei manubri, l’effetto ottico generato dai raggi, le forcelle, i sellini. C’era così tanta vita in tutte quelle biciclette, e anche io e Mario avevamo voglia di vivere, e allora mentre attorno informazioni confuse e contraddittorie si riproducevano, mentre migliaia di deficienti raggiungevano il bianco delle montagne per sciare, l’azzurro dei mari o dei laghi per passeggiare in massa, fregandosene di rispettare l’utile consiglio di uscire di casa il meno possibile, ci siamo messi a pedalare sempre più forte, come se procedere veloce potesse avere come luminosa conseguenza il fuggire in fretta da questo tempo tragico fatto di pensieri pesanti, ansie, insicurezze. Poi siamo tornati a Brescia dopo l’ennesima sconfitta, e in mancanza di una decisione in tal senso che avrebbe dovuto essere presa dalle autorità, più di 70 bar del centro avevano deciso con coraggio e saggezza di chiudere l’attività. Il nuovo decreto del Governo invece, giunto vicino alla notte, poteva così essere sintetizzato: «Non c’è più tempo. Restate a casa. Però andate a lavorare».
Pier Vittorio Tondelli, Un weekend postmoderno, 1989