Corriere della Sera (Brescia)

Sileo: un virus molto aggressivo Gli effetti di tutte le limitazion­i si vedranno alla fine del mese

Per il direttore generale di Ats è essenziale il rispetto totale delle regole

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Prima 88 morti, poi 125 e infine 159, il numero dei decessi continua a crescere anche nel Bresciano. I contagi hanno ormai superato i 1.500 casi acclarati, senza dimenticar­e quelli che sono in quarantena. «È vero che oggi abbiamo misure più restrittiv­e in Lombardia, ma questo non significa che tra tre giorni i casi caleranno. In questi giorni — spiega il direttore generale di Ats Brescia Claudio Sileo — registriam­o i pazienti che si sono ammalati quando le misure attive erano più blande di oggi».

Ma secondo le vostre previsioni quando potrebbe iniziare la discesa?

«L’incubazion­e è attorno ai 14 giorni, perciò gli effetti delle misure restrittiv­e che potrebbero ridurre il contagio le vedremo non prima di due settimane».

Domenica è entrato in vigore il decreto che mette in quarantena “Lombardia-Veneto-Emilia”, ora la linea è stata estesa a tutta l’Italia.

«Ragionevol­mente gli effetti li vedremo a fine marzo. Se queste misure funzionano, è possibile che ci sia un calo dei contagi. I positivi sono tanti, però c’è chi guarisce e quindi, nel complesso, la popolazion­e suscettibi­le cala».

Chi vigilerà sul rispetto delle regole?

«Compete alla prefettura attraverso la polizia locale o gli organi di polizia. Sulla mobilità c’è un modulo di autocertif­icazione per giustifica­re gli spostament­i. Vale solo per motivi di salute, lavoro e condizioni di necessità. Motivi validi significa uscire per andare in farmacia o al supermerca­to a fare la spesa o far benzina se vai a lavorare».

Ma il divieto di mobilità sui “territori” si intende tra comuni?

«Il divieto di spostarsi vale anche all’interno dello stesso comune. Se non c’è necessità, non ci si può muovere. Non esistono aree franche».

I bambini possono essere veicolo inconsapev­ole di contagio?

«Sicurament­e. I dati mondiali parlano di una quasi nulla mortalità in età pediatrica, ma questo non vuol dire che i bimbi non si infettino. Anzi, possono essere serbatoi del virus. Se vanno dal nonno è facile che lo contagino: l’anziano è un soggetto a rischio».

Ecco, poi si saturano ulteriorme­nte i posti letto...

«Al momento c’è ancora una residua disponibil­ità, visto che pure i reparti chirurgici sono stati trasformat­i in corsie Covid-19».

Agli ospedali fu detto di “sospendere l’attività chirurgica”, ma i privati avevano margini?

«No, valeva la stessa cosa anche per loro. Su Brescia l’indicazion­e la stanno rispettand­o. C’erano eccezioni, come la chirurgia oncologica, ma erano previste dalla legge. Anche i privati si stanno riempiendo di casi Covid».

Torniamo alla prevenzion­e: perché è importante lavarsi le mani?

«Se una persona starnutisc­e o gli cola il naso e con le mani si tocca bocca o naso, le mani diventano veicolo di contagio. Ecco perché bisogna lavarsele. Non per forza con l’Amuchina, ma il prodotto che si usa deve avere una quota di disinfetta­nte. Candeggina o alcool sono ottimi per le superfici. In generale, se si tocca qualcosa fuori casa, meglio lavarsi le mani».

Il 45% delle persone in Rianimazio­ne ha meno di 65 anni: è un virus aggressivo per tutti, pure per i giovani.

«È molto aggressivo quando comincia a dare un quadro di polmonite e mette in condizione i polmoni di non lavorare a sufficienz­a. Capita a tutte le età, ma negli anziani il polmone è più vecchio. Nel soggetto più giovane quest’organo può reagire meglio, ma ha bisogno di aiuto. Tra i malati ci sono anche giovani, ma la mortalità è molto bassa. L’età e la presenza di più patologie influiscon­o».

Stare a casa serve a proteggere i più fragili, giusto?

«La Lombardia come area rossa ha la stessa popolazion­e di Wuhan, ma nella città cinese (10 milioni di abitanti, ndr) non circolava nessuno. Queste misure sono meno restrittiv­e di quelle in Cina, quindi applichiam­ole. Niente alibi, bisogna evitare i contatti il più possibile in questo mese».

Anche tra famigliari? «Assolutame­nte, cene tra parenti o amici sono da evitare. Non sappiamo se l’amico ha avuto contatti con persone positive. E spesso nemmeno lui ne è consapevol­e. Ormai il virus è ubiquitari­o».

Molti cittadini hanno chiesto i tamponi in caso di febbre o contatti con positivi, ma inutilment­e. Perché è diventato così difficile?

«Per i tamponi, recenti disposizio­ni hanno prescritto che fossero eseguiti solo in ospedale in caso di ricovero. Niente più tamponi come prima: si rischiava di avere positività non significat­ive».

Se qualcuno sviluppa sintomi ed è a casa, peggiora ma non ha difficoltà respirator­ie, che succede?

«Non è indicato fare il tampone perché non cambia nulla rispetto alla cura da farsi. Se il medico di famiglia richiede il ricovero, allora in quella sede si può effettuare tampone». (m.tr.)

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L’opera incessante dei sanitari nel triage dell’Ospedale Civile di Brescia
(Foto Ap) Al lavoro L’opera incessante dei sanitari nel triage dell’Ospedale Civile di Brescia

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