Valvole stampate in 3D, la cura hi-tech al virus E Trump chiama Copan
Isinnova ha prodotto cento pezzi per Chiari «Disposti a farlo (gratis) anche per altri ospedali nonostante ci abbiano accusato di plagio»
Stand up, start up: alla chiamata alle armi (hi-tech) hanno risposto accendendo le stampanti 3D. L’unica pausa che si è concesso ieri Cristian Fracassi, ceo di Isinnova — team di ingegneri, designer ed esperti di comunicazione — è stata una pausa pranzo di mezz’ora, passata al cellulare: da venerdì, lui e il suo technical officer Alessandro Romaioli stanno stampando valvole per l’ospedale Mellini di Chiari.
Tra le cure contro il coronavirus c’è anche l’innovazione: «Ci hanno chiamato la mattina alle 9. Dopo due ore, eravamo in reparto: stavano esaurendo le valvole di raccordo per uno strumento di rianimazione necessario per intubare i pazienti, ma il fornitore non poteva assicurargliele in tempi brevi» racconta Fracassi. Così le hanno «copiate» in 3 dimensioni: «Abbiamo usato la stampa a filamento, che riesce a produrne una in due ore e mezzo, e quella a resina. In questo caso, i tempi sono un po’ più lunghi: 24 ore per tre valvole».
L’esperimento è perfettamente riuscito: l’ospedale ha testato i primi quattro pezzi — sterilizzati e lavorati a mano, con fori da meno di un millimetro — ieri mattina e, qualche ora dopo, alle 19.30, già dieci pazienti respiravano grazie alle valvole di Isinnova. In un giorno, Fracassi e Romaioli — gli altri del team stanno lavorando «in clausura» da casa da giorni — ne hanno prodotti un centinaio, senza chiedere un centesimo al Mellini: «I soldi non ci interessano. Se servisse, potremmo realizzarle anche per altri ospedali». Le stampanti non si spengono nonostante qualche telefonata al vetriolo degli avvocati: «È una faccenda abbastanza complicata: l’azienda che produce le valvole ci ha accusato di copiare il prodotto. Se ne occuperanno i nostri legali».
I bresciani do it better, e non solo con le macchine in 3D: il presidente degli Stati Uniti Donald Trump — che ha appena dichiarato l’emergenza nazionale per il coronavirus — ha chiesto alla Copan (multinazionale lillipuziana con circa 146 milioni di ricavi) una fornitura di tamponi da milioni di dollari. Oltre a un controllo online, cui sta lavorando Google, il presidente Usa ha infatti pensato a «uno screening di massa» (cit): 500 mila test «nei prossimi giorni, 1,5 milioni entro una settimana, 5 milioni entro aprile» (lo stesso Trump ha fatto il tampone venerdì pomeriggio). E al telefono — già super intasato — di Stefania Triva, presidente