Ecco il piano di guerra attuato al Civile
La pneumologa Michela Bezzi è stata fra le protagoniste della task force dell’ospedale che ha rivoluzionato reparti e organizzazione per l’epidemia
Michela Bezzi è la coordinatrice di una delle unità Covid in cui è stato diviso il Civile per far fronte all’emergenza. La dottoressa rassicura: dal contagio si guarisce, ma le dimissioni devono diventare più fluide, servono più posti.
Unità dedicate con equipe poli specialistiche. Ora dimissioni più fluide
Prima anziani con gravi patologie correlate Adesso malati giovani e meno compromessi
Se di guerra si tratta, la risposta deve essere militare, nella logica e nella strategia. Così quando è deflagrata in tutta la sua gravità l’epidemia la risposta di un ospedale hub come il Civile di Brescia è stata immediata, balistica, pur dovendo fare i conti con carenze strutturali e personale ridotto all’osso. Al Civile, in prima linea c’è anche lei, la dottoressa Michela Bezzi, un «cervello di ritorno» visto che dopo laurea e specializzazione conseguite in città, ha lavorato all’estero e nel 2018 è stata richiamata al Civile dal Careggi di Firenze dove era, dal 2015, responsabile di pneumologia interventistica. Prima che scoppiasse la rivoluzione Covid-19, la dottoressa Bezzi era direttrice dell’unità operativa di pneumologia endoscopica. Oggi è la coordinatrice di una delle unità Covid in cui è stato diviso il Civile per far fronte all’emergenza e parte attiva dell’equipe che sta fronteggiando l’emergenza. «Abbiamo creato le unità Covid — spiega la specialista — riconvertendo interi reparti come la Seconda medicina e la Seconda chirurgia, la Terza medicina, la stessa Pneumologia. e costituendo anche un reparto per i dializzati. Una decina di unità cui si aggiungono le terapie intensive, il reparto degli infettivi e i presidi di Montichiari e Gardone. Ogni unità ha una media tra i 26 e i 30 letti e può contare su un infettivologo, un pneumologo e una serie di specialisti che oltre ad essere un supporto prezioso all’assistenza, offrono la loro consulenza su pazienti che spesso hanno altre patologie importanti. Sono
previsti due medici ogni quindici letti di giorno e un medico la notte». Un’assistenza capillare anche nei momenti più difficili in una escalation di contagi che ha portato l’intera Asst cittadina ad avere 550 pazienti Covid distribuiti tra Civile, Gardone e Montichiari. «Le caratteristiche della malattia — osserva ancora la dottoressa Bezzi — all’inizio hanno portato in prima linea gli infettivologi, poi, per i casi più gravi, i rianimatori, affiancati da noi pneumologi. Ora siamo tutti in trincea in una situazione che si sta evolvendo ogni giorno e che prevediamo raggiunga il clou attorno al 26 marzo».
Son tutti in trincea, abili e arruolati. Anche gli otto medici degli infettivi contagiati che continuano a lavorare con consulenze a distanza o i medici che sono rientrati volontariamente dalla pensione. Come il professor Umberto Valentini, diabetologo da poco a riposo. «A lui — racconta la dottoressa Bezzi — è stato affidato uno snodo nevralgico della macchina, quello che abbiamo chiamato il “team burocrazia” che si occupa di garantire una dimissione protetta dei malati che possono essere considerati guariti. Il team conta anche sui colleghi messi a disposizione da Ats e che stanno facendo formazione come medici di medicina generale. I requisiti per essere guariti sono: tre giorni senza febbre, condizioni respiratorie stabili e un miglioramento della radiografia del torace. Il paziente dimesso dovrà stare 14 giorni in isolamento in una stanza con bagno privato (al quale si può ovviare con una pulizia costante con prodotti a base di cloro di quello condiviso) fino ad un nuovo tampone che dovrà essere negativo per considerarsi “fuori dal tunnel”».
Le dimissioni, e questa è sicuramente una buona notizia, sono in crescita costante ma questa è una fase che va affinata per garantire la fluidità dell’assistenza. «Attorno a questa malattia - osserva Michela Bezzi — si sono talvolta creati timori eccessivi sul decorso del contagio. Ci capita spesso di cogliere sorpresa nelle famiglie quando comunichiamo che il malato può essere dimesso, quasi che tutti fossero rassegnati al peggio. Ma non è così, le guarigioni saranno sempre più numerose. Le famiglie devono essere preparate. Ci capita spesso di dover ritardare le dimissioni di qualche giorno perché non si è pronti ad accogliere il paziente. In questa fase caratterizzata ancora da molti contagi è importante che la struttura sappia garantire un numero adeguato di ricoveri compensandoli con dimissioni costanti. Sappiamo che abbiamo un 40% di letti occupato da degenze lunghe di persone con altri gravi problemi, ma sui letti rimanenti va garantita mobilità, altrimenti il sistema si inceppa. Ecco perché sono importanti le strutture per ospitare i pazienti convalescenti, così come è stata determinante l’apertura delle cliniche private sulle quali sono stati dirottati alcuni pazienti in fase acuta, alleggerendo l’impatto sul nostro pronto soccorso».
Nel corso delle settimane, inoltre, nella trincea del Civile l’identikit dei ricoverati è progressivamente cambiato. «Abbiamo notato — conferma la dottoressa Bezzi — che i primi malati erano molto anziani, spesso con altre patologie gravi. Avevamo notti in cui morivano sei pazienti. Ora si muore di meno, i pazienti sono più giovani e spesso non hanno altre patologie. Quindi in una settimana, dieci giorni, con terapie respiratorie non troppo invasive si può guarire». Insomma, al Civile i ritmi restano alti, ma all’orizzonte si intravede qualche schiarita.«Poi, finito tutto questo conclude Monica Bezzi — dovremo rivedere molte priorità del nostro sistema sanitario».
"La buona notizia Non rassegniamoci da questo virus si guarisce. Dimissioni sempre più numerose