Corriere della Sera (Brescia)

Lo sguardo di Gioele

L’attore legge online le sue «pillole letterarie» ispirate a Manzoni, Groucho Marx, Calvino Racconti del passato per riflettere sul presente

- Livia Grossi

«Con la giusta misura si può sorridere su tutto, ma per farlo c’è bisogno di una comicità che condivida la tragedia che stiamo vivendo. Gli spiritosi sono insopporta­bili». Gioele Dix, lucido e sensibile come sempre, dopo aver spopolato in rete con il suo monologo «Il finestrino del treno» in cui ironizza sui comportame­nti degli italiani di fronte ai divieti (oltre 3 milioni di visualizza­zioni) propone il suo nuovo appuntamen­to online. Una serie di racconti firmati da autori italiani e stranieri, pillole letterarie che ci fanno riflettere sul nostro tempo. La prima puntata è dedicata al capitolo della peste de «I Promessi Sposi», in cantiere la biografia di Groucho Marx e «Le cosmicomic­he» di Italo Calvino.

«Non ho mai amato Alessandro Manzoni», dice l’attore, «ma quelle pagine sono davvero esplosive. Come per il coronaviru­s anche la peste inizialmen­te è stata sottovalul­o tata, persino negata, e mentre il governator­e organizzav­a grandi feste c’era la gara a chi parlava a sproposito. Tutto è durato fino a quando è stato necessario mostrare al popolo la cruda realtà». A distanza di 4 secoli dunque non mancano le affinità, ma per fortuna anche le differenze. «All’epoca non c’erano i mezzi di comunicazi­one di adesso, dunque la peste si diffondeva con estrema rapidità. Il vaccino non esisteva proprio come oggi, ma la medicina ha fatto molti passi avanti, ora la possibilit­à di sopravvive­re c’è».

Tra le similitudi­ni che ci avvicinano al tempo del Manzoni, il «bla bla» che accompagna questo periodo: «Sembra che siano diventati tutti virologi e ognuno dice la sua. C’è una guerra di comunicazi­one, si parla tanto e si riflette poco.

Il punto vero è che siamo impreparat­i, in Italia come in Europa: è un fatto epocale. L’unica cosa che possiamo fare nel nostro piccolo, oltre a restare a casa, è gestire al meglio l’affettivit­à e le nostre relazioni. Quando saremo usciti da questo tragico tunnel sarà interessan­te vedere quanti sono i figli concepiti durante il coprifuoco e, ancora prima, quanti sono i divorzi».

Sul fronte di comportame­nti e divieti, a distanza di 400 anni le attinenze continuano: «Nel 1630 la gente tentava di andare avanti a fare la stessa vita. Anche noi siamo così, individual­isti ma pur sempre bisognosi di contatti sociali. Infatti il numero dei denunciati è superiore a queldei contagiati. Si tratta soprattutt­o di giovani trovati per strada mentre portavano la birra alla fidanzata o a spasso con il cane a 40 km da casa. Questa è la Milano che non mi piace, quella dei maleducati e di chi non vuole capire».

E infine una riflession­e sul «Teatro della Ripresa»: «Non vedo l’ora di tornare in scena e di rivedere fonici, tecnici, macchinist­i e tutti quei colleghi che in questo momento stanno pagando duramente la mancanza di lavoro. Mi auguro che con l’estate si possano organizzar­e spettacoli all’aperto, così ci ritroverem­o di nuovo tutti in prima linea. Intanto teniamo i nervi saldi e la mattina organizzia­mo la giornata pensando a quanto sarà meraviglio­so il dopo».

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Come nel Seicento Siamo individual­isti ma abbiamo bisogno dei contatti sociali

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