Corriere della Sera (Brescia)

La «cura» delle carezze che aiuta a non mollare

La vita nei reparti, i turni senza più orari pazienti provati dalla malattia e dal senso di solitudine. L’umanità ritrovata di una corsia

- Di Marco Toresini

Li hanno chiamati eroi e angeli e sono spesso i custodi, in questi giorni difficili, degli ultimi istanti di una vita, della paura di non passare la notte di non farcela. Sono gli infermieri in prima linea nella lotta contro la malattia. Una epidemia dove le medicine sono essenziali, ma le carezze, quelle degli infermieri aiutano a non mollare.

C’è un posto, nei giorni bui dell’epidemia, dove la solitudine e le paure si curano anche con il sorriso degli occhi, con una carezza, con una parola buona. C’è un posto che sembra una trincea, dove però ci sono più angeli che soldati, anche se sono abituati a scattare sull’attenti. Sono gli ospedali ai tempi del Covid19, dove si lavora con la dedizione di sempre, ma per chi si sente come naufrago chiamato a fare i conti con la morte questo impegno ha tutto un altro gusto. Sono gli infermieri che sanno trasformar­si nei figli e nelle figlie che uno ha sempre sognato di avere, nell’amico e nel confidente cui affidare il bilancio di una vita. Sono loro i dispensato­ri di carezze. E sono in tanti. Come Angela Lombardi, infermiera di medicina al Civile, una che con le carezze ci sa fare; una che, da tre settimane ormai, sa quando inizia il turno e non quando lo finirà: perché c’è sempre un’emergenza da seguire, un collega da appoggiare .... Una carezza da dare.

«Io accarezzo sempre i pazienti

- racconta Angela portavoce virtuale delle migliaia di profession­isti in questi giorni in trincea —. A maggior ragione quelli colpiti da questa malattia, spesso debilitati e stremati, con la maschera d’ossigeno, con un filo di voce. Noi a loro parliamo con gli occhi, sorridiamo con gli occhi perché le mascherine non ci permettono di fare altro». E sono dialoghi muti che danno grandi soddisfazi­oni.

«Giorni fa ho accarezzat­o una signora di 54 anni che è arrivata da noi in condizioni difficili, respirava a fatica racconta Angela -. Il giorno successivo stava un po’ meglio e si ricordava di quella carezza fatta anche se era assopita. La sera prima di andarmene le ho detto di non mollare. La notte è arrivata la crisi pesante, di quelle che possono portarti via in un attimo, ma lei ha resistito. Il giorno dopo mi ha detto: “Visto come sono stata brava, ho lottato come mi avevi detto tu”. Ora che sta meglio mi ha mandato un messaggio in cui mi dice: “Grazie, io per te ci sarò sempre”». Ed ecco che quelle carezze, quei sorrisi generano energie che aiutano ad andare avanti. «Sono le soddisfazi­oni di questo mestiere, la nostra benzina quotidiana» spiega l’infermiera Angela. Una alla quale, insieme a tanti colleghi e ai medici, il vescovo di Brescia ha chiesto di essere «ministri compassion­evoli» per lenire le tante agonie vissute lontano dagli affetti più cari. «Io, il segno della croce sulla fronte di un paziente che ci stava lasciando l’ho fatto anche ieri e ho recitato una preghiera perché il Signore lo accogliess­e in grazia di Dio. Del resto siamo solo noi e loro, dobbiamo curare il corpo ma anche l’anima».

Come samaritani che non conoscono stanchezza, che dispensano carezze e si nutrono di una parola sola. Grazie.

Per i pazienti siamo le uniche persone rimaste nell’isolamento di questa terribile malattia

Con loro sorridiamo con gli occhi perché la mascherina non ci permette di fare altro e loro ci ripagano con tanto affetto. Il vescovo ci chiede di essere vicino a chi muore? Io anche ieri ho fatto un segno di croce sulla fronte di un malato che ci lasciava

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Gratitudin­e Alcune infermiere dei reparti Covid del Civile mostrano i messaggi di ringraziam­ento lasciati dai pazienti guariti
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In corsia Medici e infermieri delle Unità Covid di medicina del Civile, in alcune immagini di vita quotidiana in corsia L’affetto della gente si mostra anche con una spedizione di pizze per il reparto o con biglietti di ringraziam­ento lasciati sulla porta dopo le dimissioni da un’esperienza che segnerà a lungo ancora molte persone e che sta generando tanti lutti

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