Sulle tracce del contagio ieri a quota 5905 positivi
I bresciani infetti salgono a 5905, ben 588 in più. Ed in un giorno si registrano altri 69 decessi
I 588 contagi in più nelle ultime 24 ore, preoccupano. Ma il direttore generale di Ats, Sileo, assicura: «I contagi si stanno stabilizzando e con le nuove restrizioni ad aprile dovrebbero calare». Gli scambi commerciali hanno agevolato la diffusione del virus che allenta la sua morsa mortifera in certi paesi della Bassa (come Orzinuovi) ma si accanisce su Leno e Ospitaletto. Boom di contagi in Valcamonica: paga dazio per le piste da sci affollate di due settimane fa.
Sale a 5905 il numero dei bresciani con il coronavirus (dato fornito dall’assessore regionale Gallera). I decessi alle 15 di ieri erano 781, ben 69 in più di domenica. Numeri ancora inquietanti ma per le autorità sanitarie si stanno stabilizzando. E presto dovrebbero scendere. «È come se fossimo su un aereo che è decollato ed ora si trova a 10 mila metri d’altezza — spiega Claudio Sileo, direttore di Ats Brescia —. Non saliremo ulteriormente ma per capire quando inizierà la discesa dovremmo sapere la rotta: per Roma è questione di un’ora, per New York ne servono nove».
Direttore, il numero dei contagi è ancora alto.
«Si sta stabilizzando. Guardando alla statistica regionale Brescia è la provincia che ha l’incremento più basso di nuovi casi, oscilla tra il 5 e l’8%. Sono meno di cinque giorni fa mentre a Milano stanno crescendo».
Perché non si realizza un ospedale da campo alla Fiera?
«Brescia ha la fortuna di avere una dotazione di posti letto in strutture ospedaliere pubbliche e private superiore allo standard regionale. Questo ci ha consentito, nella prima fase, di accogliere anche pazienti cremonesi e bergamaschi oltre a curare i bresciani.
"Sileo A marzo stanno morendo 60 persone al giorno: il doppio del 2019 senza contare i decessi nelle rsa
Le nostre case di riposo non sono diventate lazzaretti. Ricoverare in ospedale un 90enne ha poco senso ma se sta male un 70enne si deve chiamare il 112
Diversa è la realtà di Bergamo, città da cui provengo: ha una offerta di posti letto inferiore alla nostra, per questo hanno deciso di realizzare un ospedale da campo. Altro caso ancora è quello di Milano: in Fiera si sta realizzando un vero ospedale con posti di terapia intensiva, per non farsi trovare impreparati all’arrivo del picco. Non voglio entrare nel merito della decisioni regionali ma le scelte sono state fatte considerando la rete sanitaria bresciana, che sta reggendo. L’ipotesi dell’ospedale da campo resta nel cassetto qualora la situazione dovesse peggiorare ulteriormente ma, incrociando le dita, prima di adottare questo scenario da guerra è preferibile — anche per ragioni sanitarie — che i malati siano ricoverati negli ospedali. Tutti stanno facendo sforzi enormi. Spedali Civili e Gruppo San Donato implementeranno ulteriormente i posti letto».
Come si sia esteso il contagio nel Bresciano? Tutta colpa degli scambi commerciali di fieno e altri prodotti con la «zona rossa» Lodigiano?
«La presenza di commercianti di fieno provenienti dal Lodigiano e dall’Alessandrino può spiegare i contagi di Orzinuovi e Montichiari. In altre cittadine della Bassa possono esserci stati altri tipi di scambi commerciali o contagi provenienti dai primi Comuni colpiti. Bene hanno fatto i sindaci di questi paesi a vietare da subito il gioco delle carte nei bar e la frequentazione delle bocciofile: è qui che i contagi si sono moltiplicati, un aspetto ad esempio che non era presente a Wuhan, dove ci sono altri tipi di hobby».
Non c’è stato un ritardo nell’adozione di misure restrittive?
«I casi che vediamo oggi sono frutto dell’improvvida revisione delle misure precauzionali, che hanno permesso ad esempio la riapertura di bar dopo le 18 (dal 26 febbraio fino all’ 11 marzo, ndr). Tra una settimana, dieci giorni al massimo dovremmo vedere i benefici della nuova stretta, estesa anche al mondo produttivo».
I paesi di alto Garda e Valsabbia sembrano meno in pericolo.
«Il virus è pressoché presente in tutta la provincia ma con le nuove misure i paesi fino ad oggi meno coinvolti avranno maggiori benefici».
Il numero reale dei decessi per coronavirus è maggiore dei numeri reali? Penso alle tante morti nelle case di riposo che non vengono inserite negli elenchi Covid.
«I decessi per coronavirus vengono certificati solo se c’è un tampone positivo, che viene fatto solamente sulle persone vive e ricoverate in ospedale. Nelle Rsa, non facendo i tamponi, si ha la suggestione che le morti siano aumentate moltissimo. Solo a bocce ferme scopriremo quanto pesa la correlazione con l’epidemia. Le posso dire nel 2019 nelle strutture ospedaliere avevamo 30,5 morti al giorno, 31 l’anno prima. Quest’anno sono il doppio ma dobbiamo aggiungere i decessi nelle case di riposo e nelle abitazioni. Nelle Rsa bresciane, che contano 6800 posti, non stanno più entrando nuovi ospiti: ci sono delle criticità evidenti in qualche struttura ma altre non registrano decessi. Le cure vengono garantite a tutti ma è inutile ricoverare in ospedale un ospite 90enne per farlo morire tre ore dopo in un pronto soccorso. Ma se ci sono settantenni con chance di guarigione si deve chiamare il 112 e ricoverarli. Sia chiara una cosa: le case di riposo non sono diventati lazzaretti di manzoniana memoria».